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Lazio Club Bruxelles, «In Belgio c’è molta simpatia per la Lazio. Ripresa? I giocatori avranno fame!» – ESCLUSIVA
Lazio Club Bruxelles, direttamente dal Belgio dove c’è uno dei club più importanti d’Europa dedicato al fondatore Luigi Bigiarelli
Un club dedicato al fondatore Luigi Bigiarelli che proprio in Belgio, a Bruxelles, con il fratello dove continuò la sua carriera da podista. I nostri microfoni hanno raggiunto in esclusiva Luca, che insieme al vicepresidente Alberto, al tesoriere Edoardo e a Fabrizio hanno dato vita a questa bella realtà.
Com’è essere laziali in Belgio?
«Quello che riesce a tirarti fuori la Lazio dalle vene non ci riesce nient’altro. Io ringrazierò sempre mio padre per avermi fatto laziale. Credo che la cosa più brutta in questi anni sia stata vederlo stadio vuoto quando c’erano le proteste contro il presidente Lotito. Io sono una persona equilibrata, credo che qualsiasi altro presidente che si fosse trovato a subire ciò che ha subito Lotito nella Lazio avrebbe mollato prima. Per questo dico che non sono un lotitiano ma credo che abbia fatto molto per la Lazio».
Come è vista la Lazio in Belgio?
«La Lazio di Cragnotti ha creato un blasone non indifferente. Sembra strano in Belgio quando i biancocelesti non vengono. Anche qui hanno visto e conosciuto la Lazio che dominava, gli anni 2000 come confermato le parole di Ferguson quando fu battuto con il suo super Manchester. Adesso la considerazione è quella di una squadra simpatica da seguire. Quello che ancora incupisce è la solita storia dei cori beceri che però a volte viene spesso “manipolata” dall’informazione. Una volta vidi un reportage su Liverani della BBC, che era un calciatore di colore in una squadra come la Lazio e mi accorsi che le sue parole furono completamente stravolte per far passare un messaggio sbagliato. Lui disse che non aveva avuto nessun problema, così come nessun altro giocatore li ha mai avuti nella storia della Lazio per il colore della sua pelle. Bigiarelli venne qui a vent’anni insieme al fratello, quello che portiamo avanti noi, come valori, è completamente differente da quello che invece viene proiettato all’esterno».
Il Belgio è stato il primo paese a sospendere in modo definitivo il campionato. Scelta giusta?
«Che il Belgio si sia fermato non ci trovo nulla di strano. Il campionato è talmente scontato, ci sono sempre e solo due squadre che si contendono il titolo, che comunque sarebbe cambiato poco a livello di sostanza nel calcio internazionale. In Italia, e in tutto il mondo, bisognerà capire come risolvere questo problema in futuro. Il problema c’è per il calcio ma per il lavoro in generale, se il problema si risolve è giusto riniziare. Se qui in Belgio sono tutti senza mascherina e nessuno viene ricoverato vuol dire che il problema non è più grave come prima, non vedo quindi se le cose vanno bene anche in Italia perché non si debba ripartire e infatti alla fine si è optato per la ripresa. Sono d’accordo quindi».
La Lazio riuscirà a lottare fino alla fine per vincere lo scudetto?
«Credo che i giocatori abbiano metabolizzato talmente bene le regole imposte da Inzaghi che ora giocano in maniera automatica. Era tanto che non vedevo la Lazio divertirsi, ha una difesa affidabile e per questo quando parte l’azione da centrocampo stiamo sempre dentro la metà campo dell’avversario a 5-10 metri dall’area di rigore. Questo modo di giocare ti porta a vincere, i giocatori avranno una voglia matta di ritornare in campo e di fare gol per continuare a vincere. Questi anni capitano poche volte nella vita, c’è un’alchimia che funziona e poi ci sono Milinkovic e Luis Alberto che in questa prima parte di stagione sono stati determinanti. L’unico che è riuscito a fare come Inzgahi nella storia della Lazio è stato Maestrelli, forse un po’ anche Eriksson ma in modo diverso. Maestrelli ha dovuto plasmare dei giocatori che non erano dei campioni e a farli diventare tali».