Tanti auguri Long John! Lettera di un nonno al nipote: «Giorgio Chinaglia è il grido di battaglia» - Lazio News 24
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Tanti auguri Long John! Lettera di un nonno al nipote: «Giorgio Chinaglia è il grido di battaglia»

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La lettera di un nonno al proprio nipote, in ricordo di Giorgio Chinaglia nel giorno del suo 71° compleanno

Caro bambino mio,
C’era una volta la Lazio. In panchina sedeva un gran signore, a dire il vero un «Maestro», esempio per i colleghi, dentro e fuori dal campo. Sul terreno di gioco c’era invece una banda di scapestrati, indossavano i colori del cielo. Fra questi se ne distingueva uno su tutti, portava la casacca numero 9, si chiamava Giorgio Chinaglia e guidava con tenacia i propri compagni. Con lui non avevi paura di nessun avversario, perché non solo possedeva una potenza fisica inaudita, ma amava così tanto quella maglia e quel simbolo che avrebbe vinto anche se fosse stato da solo a giocare. Quella carica veniva trasmessa a tutta la squadra, che sicuramente non era perfetta, vendeva però cara la pelle, mollare era vietato, anche quando tutto sembrava perso. Fu così, che pian piano divenne il mio idolo, quella grinta che lui usava per tirare un pallone, io la mettevo durante la giornata, ogni volta che la vita mi presentava davanti un ostacolo. E fra i tanti episodi che ricordo, me ne è rimasto in mente uno, sai quale? Era il 20 maggio 1973, il giorno che non potrò mai rimuovere dalla memoria. Quando la Lazio perse 1-0 a Napoli, quando vidì svanire proprio alla fine il sogno Scudetto, quando Chinaglia uscendo dal San Paolo fece le corna ai 70.00 tifosi partenopei che cantavano «Juve, Juve». Quel segno fu una sfida, Long John non si arrese come tutti avrebbero fatto, anzi lanciò proprio una promessa di vendetta.

Fortuna, destino, casualità, tutto quello che vuoi. Quasi un anno dopo, il 7 aprile 1974, il titolo di Campione d’Italia passava nuovamente da Napoli per gli uomini di Maestrelli. Si prospettava un’altra battaglia difficilissima, allo stadio c’erano oltre 80.000 napoletani, la bolgia di quelle infernali. I padroni di casa partirono col piede giusto e al 18’ passarono già in vantaggio: Clerici da punizione dal limite sorprendeva Pulici realizzando l’1-0. Il mio sguardo fisso su Giorgione, egli era sempre più indiavolato, ogni pallone che toccava veniva subissato dai fischi dei sostenitori azzurri. Si sbracciava, urlava, incitava i compagni ad avanzare. Petrelli lo ascoltò e dopo una cavalcata sulla sinistra, servì un pallone in area a Chinaglia che quasi si piegò per colpire di testa e riuscì a sorprendere Carmignani. Mentre sul San Paolo calò un silenzio quasi surreale, la partita riprendeva e senza nemmeno il tempo di gioire per il pareggio il Napoli tornò in area, il colpo di testa di Juliano su azione di angolo battè ancora una volta Pulici. La bandiera romana era su tutte le furie. Garlaschelli fu il primo a dare segni di scossa, ma la reazione si fermò sul palo. La Lazio tornò a mettere pressione agli avversari e trovò il nuovo pareggio a pochi minuti dalla fine della prima frazione: cross di Re Cecconi teso in area, Carmignani in presa alta riuscì solo a deviare la sfera dalle parti di Chinaglia, che fu freddissimo e al volo realizzò a porta vuota.

La ripresa continuò sulla falsa riga del primo tempo, l’arbitro Ciacci abboccò alla scenata di Braglia e concesse al Napoli il calcio di rigore che Clerici trasformava in 3-2. Questa volta sarebbe stata davvero finita, per tutti, ma non per quella Lazio. Lungo lancio in area partenopea ed ancora tiro dagli undici metri, questa volta per noi: Giorgione si incaricò della battuta, tutti i laziali avrebbero voluto tirare quel pallone, e dopo una rincorsa che sembrava non finire mai, con freddezza realizzò il clamoroso e decisivo 3-3. I fischi assordanti del San Paolo da lì al triplice fischio erano musica per le sue orecchie. Il miracolo era compiuto, la vendetta servita, la strada verso il Tricolore ormai spianata. Da quel giorno divenne il mio eroe, il mio stendardo, il mio simbolo. Oggi purtroppo quella bandiera biancoceleste non c’è, non sventola più, ci ha lasciato forse troppo presto. Ma io sento ancora quel coro della Curva che grida «Giorgio Chinaglia, è il grido di battaglia! Giorgio Chinaglia, è il grido di battaglia!». Tanti auguri mio Long John, un bacio ovunque tu sia.

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