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Lazio, la parabola di Inzaghi: da esiliato a Salerno a maestro insostituibile

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Inzaghi siede stabilmente sulla panchina della Lazio, dimostrando amore e professionalità. Il duro lavoro lo ha ripagato

Ciò che semini raccogli: un precetto fondamentale che al meglio può descrivere il percorso di Simone Inzaghi all’interno della Lazio.

Tre anni e mezzo fa si è seduto per la prima volta sulla panchina della prima squadra, portando a termine, con 4 vittorie su 7, la stagione iniziata da Pioli. L’anno seguente non sarebbe dovuto essere stato riconfermato perché la società capitolina aveva chiuso per il Loco Bielsa ed il tecnico piacentino era in viaggio verso Salerno. Per uno strano scherzo del destino saltò tutto e venne confermato in extremis Inzaghi, al quale nessuno dava fiducia. Dopo tre anni Simone difende ancora i colori che lo hanno cresciuto, e con gli stessi ha conquistato quattro finali e tre trofei: un percorso esemplare carico di sacrifici e lavoro che hanno incoronato il tecnico della Lazio come uno dei migliori sul territorio nazionale. Inzaghi, prima di esserne l’allenatore, è il primo tifoso della sua squadra e ciò poi viene riversato sul campo con passione e tanta grinta. L’ex numero 21 bianco azzurro, ora in giacca e cravatta, è cresciuto molto come coach: il suo 3-5-2 è imprescindibile ed è cucito alla perfezione in base alle caratteristiche dei giocatori a sua disposizione. Inoltre riesce a leggere perfettamente le situazioni durante la partita e sistemare eventuali errori: nell’ultimo periodo le vittorie sono arrivate proprio grazie alle sue intuizioni a gara in corso. Inzaghi deve tanto alla Lazio ma anche la società deve molto al suo condottiero.

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