«Qui voglio venirci, ma solo per battervi» - Lazio News 24
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Editoriale

«Qui voglio venirci, ma solo per battervi»

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L’analisi di Juventus-Lazio, partita vinta dalla squadra di Simone Inzaghi per 2-1 al termine di un match pieno di emozioni

Sofferenza, emozione, gioia. Serata ‘da laziali’ e per laziali. Ne era pieno l’Allianz Stadium, sia sugli spalti che in campo. Lottatori, calciatori, ma soprattutto tifosi della propria squadra. Spirito di appartenenza, unità di intenti e spirito di sacrificio. Non è il club che tifano da bambini, ma è come se lo fosse. La Lazio si è impossessata di tutti i calciatori che la onorano da ormai un anno a questa parte. Grazie al proprio allenatore – oramai non più un sorpresa  ma una certezza – sembra come se in campo ci fossero degli ultras pronti a lottare su ogni pallone per la maglia che amano. I primi a soffrire, gli ultimi a mollare. Ieri per arrendersi di occasioni ce ne erano, eppure il cuore è andato ancora una volta a superare l’ostacolo. Quell’ostacolo insuperabile da 40 partite. Violato lo ‘Stadium’, sfatato il tabù Torino, dove la Lazio non vinceva con la Juve dal 2002. Simone c’era 15 anni fa, in panchina come ieri, ma in altre vesti. Anche se però, per sua stessa ammissione, fu più emozionante il gol di Simeone nel 2000 (ogni riferimento a sogni scudetto è puramente casuale). L’appetito vien mangiando ed ora la Lazio di fame sembra averne tanta.

PERFEZIONE – Semplicemente perfetti. Dal primo all’ultimo iniziando da quei tre dietro. Non al meglio, ma i migliori. Bastos, de Vrij, Radu. Terzetto difensivo inedito e schierato in precedenza soltanto a Genova e a gara in corso con il Milan. Limitati alla grande Mandzukic, Higuain e Douglas Costa. Dà qualche problema in più invece Dybala, preso in consegna da Lucas Leiva. Ah, a proposito di Leiva. C’era chi diceva fosse bollito, inadatto a sostituire Biglia, ma probabilmente ieri Marotta e Paratici lo avranno aggiunto alla lunga lista della spesa da fare in casa Lazio. Encomiabili i due intermedi Parolo e Milinkovic. Il serbo fa un lavoro massacrante essendo di supporto sia al centrocampo che a Luis Alberto, a sua volta spalla di Immobile. La Juve gioca alla sua maniera: ritmi alti all’inizio e bassi quando c’è da amministrare il vantaggio. Molto brava la Lazio a rompere gli indugi nel momento migliore e ravvivare una partita che sembrava persa. Una volta in vantaggio i biancocelesti corrono pochi pericoli. Trema la porta di Strakosha sul tiro da fuori di Dybala, ma è l’unico sussulto regalato da una difesa e un centrocampo che sembrano incollati. Da sottolineare anche il lavoro degli esterni Marusic e Lulic, i primi a difendere e i primi ad attaccare. Con questa intensità, questa voglia e questo atteggiamento la Lazio farà molta strada. Ora è seconda insieme a Inter e Juve. Ad oggi la Champions sarebbe sicura, ma a una squadra così il quarto posto potrebbe anche non bastare.

TRIO MERAVIGLIE
– E poi ci sono loro… Le ciliegine su una torta di per se già deliziosa. Un tridente, se così si può chiamare, difficile da pronosticare in estate. Milinkovic e Luis Alberto dietro a Immobile. Nani e Felipe Anderson infortunati (non due di poco conto), hanno spianato la strada a questo inedito terzetto. Si trovano a meraviglia come se giocassero insieme dalle giovanili: ognuno sa a memoria i movimenti dell’altro e i palloni scambiati creano sempre in difficoltà le difese avversarie. Nel primo gol tutti e tre mettono lo zampino in un azione che dovrebbe essere mostrata nelle scuole calcio. Qualità abbinata a quantità per Sergej, il primo guerriero di questa Lazio da battaglia. Era il più atteso e dopo un ritardo di condizione, dovuto alla sua elevata stazza fisica, ha dimostrato di essere un calciatore sopra le righe. Poi c’è la sorpresa più bella. Quella che non ti aspetti nemmeno a Natale o al compleanno. Si chiama Luis, ha la faccia un po’ buffa e rimarrà una delle storie più belle e incredibili che si possano raccontare. Inutile tornare sul primo anno difficile, quello ormai è alle spalle, ma stupisce la sua capacità di far la differenza contro qualsiasi avversario. Quando si alza l’asticella si alza anche lui. Inzaghi lo ha riconquistato, se lo coccola e lo preserva. Adesso anche con Nani ci sarà da divertirsi lì davanti. Ah e Felipe dove lo mettiamo?

CAPOLAVORO – Quelle sette partite e poi Bielsa: riavvolgete il nastro, tornate a quell’estate e immaginate dove sarebbe stata la Lazio oggi. Sicuramente non a Torino per battere la Juve nel proprio nido dopo 15 anni e soprattutto per la seconda volta in due mesi. Lotito fortunato, ma la fortuna aiuta spesso chi ha il coraggio di rischiare e lanciare un allenatore dalla Primavera alla prima squadra, non era sicuramente semplice. E poi c’è il destino, sempre lui decide le sorti delle storie d’amore più belle. Poteva mai interromperne una che dura dal 1999? Impossibile. Roma-Salerno, Salerno-Roma et voilà, Simone torna a casa. Nella sua casa. La casa che gli ha dato l’amore di una famiglia che lo ama, formata da due fantastici figli e dalla sua compagna. Dai calci al pallone del piccolo Lorenzo ad ogni finale di partita, accompagnati dai boati della Nord, alle esultanze davanti la tv con tanto di inno cantato. Una famiglia che sprizza lazialità da tutti i pori. Una famiglia che da casa ha saputo trasportare fino a Formello, dove di figli ce ne sono altri, quelli adottati e scelti. Quei figli che quando sono in campo guardano il papà sulla panchina e decidono di essere come lui. Di fotografie della serata ce ne sarebbero tante, ma spicca su tutte, quella della squadra sotto il settore ospite. Tutti i calciatori ad esultare ed infine lui: l’artefice di tutto. Pugno chiuso e cuore pieno d’amore. Questa Lazio è sempre più sua e lui di lasciarla non ha nessuna intenzione. Pugno chiuso e lacrime sul viso. Segnale eloquente di un sergente di ferro abbandonatosi alla troppa emozione. Lui sapeva come fare, la Juve l’ha battuta nel 2000, l’ha battuta nel 2002 e due mesi fa. Lui sa come si fa e vuole continuare a farlo. Si, perché dietro quell’esultanza ci sono tante risposte a molte domande. Un pugno misto alle lacrime che sembrano dire una cosa soltanto: «Qui voglio venirci, ma solo per battervi».

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