Campionato
Lazio-Juve è Sarri vs Allegri: destini incrociati e calcio agli antipodi
Lazio-Juve è anche la sfida tra i due tecnici: Sarri e Allegri. Il Comandante contro il suo passato, il bianconero contro la sua antitesi
Mancheranno gli uomini più attesi, Immobile da una parte Dybala dall’altra, ma Lazio-Juve sarà tutt’altro che una partita banale. Le sfide contro i bianconeri non possono che far pensare a quelle indimenticabili della stagione 19-20, quando il sogno Scudetto per i biancocelesti era più che una semplice illusione, prima che il Covid-19 cambiasse il calcio e il mondo in generale. Sulla panchina di quella Juventus c’era Maurizio Sarri, fresco vincitore dell’Europa League con il Chelsea e uomo designato da Andrea Agnelli come (in)naturale erede del quinquennio targato Max Allegri. Un cambio di rotta netto con la tradizione e il DNA della Vecchia Signora, da sempre propensa ad affidare la propria panchina a tecnici pratici più che estetici.
Sull’onda della precoce eliminazione in Champions League per mano dell’Ajax di Ten Hag e della voglia della leadership bianconera di voler primeggiare passando dal bel gioco (spinta probabilmente dai malumori e poi dai desideri dei tifosi di vedere una squadra più “bella da vedere“), nel giugno del 2019, viene annunciato Maurizio Sarri. Mentre c’era chi si aspettava Pep Guardiola, chi storceva il naso per la nomina a tecnico della prima squadra di colui che forse più di tutti aveva trasudato anti-juventinità al comando del Napoli e chi lo definiva “benzinaio” o “tutaro“, c’era anche chi sponda azzurra lo tacciava di tradimento. Non un buon inizio per il Comandante.
Il rapporto con la Juventus può definirsi discontinuo. Mai amato dal tifoso bianconero, spesso messo sulla graticola per risultati che stentavano ad arrivare, la fiducia per l’allenatore toscano non è mai stata così solida, sia tra le tribune dello Stadium sia ai piani alti. Complice probabilmente un calcio al quale il club più titolato d’Italia non era abituato e una squadra non all’altezza di quelli che erano i dettami di Sarri, il feeling non è mai sbocciato nemmeno con i calciatori. Mentre Ronaldo non godeva più dell’immunità, altri come Pjanic soffrivano il compito datogli dall’allenatore, ovvero quello di dispensatore imperituro di palloni. Le sfide alla Lazio ai tempi allenata da Inzaghi avevano probabilmente messo in mostra i maggiori limiti dell’acerba creatura del tecnico di Figline Valdarno e i pregi di quella guidata dal piacentino: prima la sconfitta in campionato per 3-1, poi il medesimo punteggio circa due settimane dopo in Supercoppa. Quella squadra faceva veramente paura a tutti, soprattutto a Sarri, che a margine dell’intervista post partita dichiarò: «Se continuano così c’è poco da fare per chiunque». Previsione quasi azzeccata, perché circa due mesi dopo il mondo si ferma mentre la Lazio viaggia a ritmi elevatissimi. La Juventus vincerà il campionato, i biancocelesti si sfalderanno in estate in un campionato atipico e per certi versi falsato.
Per Sarri però, in bianconero non c’è più posto. Posizioni probabilmente inconciliabili, dichiarazioni circondate da alone di leggenda («questa squadra è inallenabile») e il gioco tanto sperato ma mai del tutto performato. E mentre in casa Agnelli si puntava a una soluzione interna ma non troppo lontana dal credo di Sarri (Andrea Pirlo, ndr), Max Allegri osservava da lontano ma sempre più da vicino, man mano che l’ex regista campione del mondo raccoglieva più fischi che consensi. Ed eccolo ritornare in pompa magna sulla panchina che sembrava aver definitivamente lasciato nel maggio del 2019 tra le lacrime, con la medesima filosofia: vincere, divertire passa in secondo piano.
La Lazio intanto, orfana di Inzaghi, (ri)promesso sposo nella cena di Villa San Sebastiano salvo poi cambiare bandiera all’alba del giorno dopo, sfogliava la margherita. Mihajlovic, Gotti, Italiano, Espirito Santo, Gattuso… Ma perché non Sarri? Un nome a impatto, che infuochi la piazza, scioccata dall’addio di Simone e colpita a freddo dall’arrivo sponda giallorossa di Mourinho. Il Comandante arriva, tra tweet al gusto di tabacco e frecciatine nei confronti della sua ex Signora. Il suo calcio è dispendioso, intarsiato, talvolta intricato, e si vede soprattutto con le piccole, mentre il derby e la sfida all’Inter restituiscono feedback incoraggianti. La Juve, paradossalmente (ma non troppo), stenta a ritrovarsi in Allegri. Le difficoltà delle precedenti gestioni sono le stesse, Cristiano “Copertina di Linus” Ronaldo ha alzato i tacchi e i limiti sono ben visibili.
Ora la resa dei conti. Costruzione dal basso, intensità, fraseggio e contro-pressing da una parte. Accortezza, compattezza, cinismo e pragmatismo dall’altra. Quasi 18 anni esatti dopo il primo scontro, quel Sangiovannese-Aglianese del 16 novembre del 2003. I protagonisti? Sempre loro. Maurizio Sarri e Max Allegri.