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L’ex Lazio Stendardo: «Serve una rivoluzione culturale nel calcio»
Ex giocatore della Lazio, oggi avvocato e docente di diritto sportivo. Guglielmo Stendardo ha parlato della carriera post degli ex calciatori
Avvocato, docente di diritto sportivo alla LUISS ed ex giocatore. Guglielmo Stendardo si è diviso tra il pallone ed i libri, inventandosi una nuova carriera una volta appesi gli scarpini. A Leggo, l’ex difensore della Lazio ha parlato del rischio povertà in cui incorrono gli ex professionisti: «In Italia il giovane calciatore tende a trascurare l’istruzione e non si preoccupa di studiare e formarsi per il futuro. Quasi sempre, trai 20 e i 35 anni, pensa solo a giocare al calcio. In più, fino a quando è in attività, tende a seguire un tenore di vita alto che i buoni guadagni gli permettono. Il ridimensionamento, poi, è complicato e iniziato i disastri. Nelle crisi finanziarie di tanti colleghi incidono anche i costi sanitari alti che i calciatori devono sostenere a fine carriera e la scarsa attenzione che mettono verso i problemi del Fisco. Si tende ad attribuire poca importanza ai problemi fiscali, invece sono fondamentali. Trascurandoli tornano ingigantiti negli anni a venire e diventano micidiali».
«Serve rispetto delle regole e onestà nell’affrontare i problemi. Ma, soprattutto, serve una rivoluzione culturale in questo sport. Bisogna aiutare i giovani calciatori a studiare, informarsi, a prepararsi in tempo e adeguatamente per il futuro nel mondo del lavoro. Non è possibile che il 70% dei nostri giocatori abbia la terza media e solo l’1% sia laureato. inoltre, serve un fondo di accantonamento per almeno cinque anni per dare serenità economica agli ex calciatori che iniziano una nuova attività; serve creare polizze vita che offrano rendite vitalizie per gli atleti. Spero che Figc e Lega vogliano imboccare questa strada, fondamentale per il futuro dei calciatori italiani».