2015
Lettera aperta alla Gazzetta dello Sport: Caro direttore, chi le scrive è un ex lettore…”
Egregio Direttore
Le scrive un ormai ex lettore del Suo giornale che oggi (ieri, ndr) ha avuto l’ennesimo segnale che anche “la rosa” evidentemente preferisce seguire solo ed esclusivamente la legge della domanda e dell’offerta anziché proporre notizie nel senso più deontologico del termine, cercando solo di compiacere a quelle tifoserie numericamente più corpose.
Mi riferisco all’articolo in cui viene offesa ed insultata la gloriosa e storica Società Sportiva Lazio da parte dell’autore, un certo sig. Massimo Cecchini.
Viene titolato “La Lazio di Lotito è ormai sotto le mura”. Vede Direttore, qualsiasi buon conoscitore di calcio italiano ben sa che la Lazio nasce all’interno delle mura aureliane, cinta storiche di questa città, a Piazza della Libertà il 9 gennaio 1900 ad opera di nove ragazzi che fondarono in data certa, in luogo certo, quella che oggi chiamiamo Lazio. Al contrario della squadra sostenuta dal sig. Cecchini, come evidentemente rilevabile dal profilo twitter dello stesso, che nasce in data imprecisata (gli stessi tifosi discutono ogni anno quale delle due o tre date festeggiare) nell’anno 1927 per decreto fascista a Corropoli, provincia di Teramo.
Fu per decisione del Duce che, stanco di vedere troppe squadre di calcio a Roma, volle crearne una soltanto in grado di diventare la padrona del mondo. A quel progetto confluirono a mò di cooperativa tutte le compagini romane ad eccezione di una, la Lazio. Le venne dato il nome di Roma e partì ovviamente con un maggior numero di tifosi, raccogliendo infatti sostenitori di praticamente una dozzina di formazioni che durante il ventennio precedente si resero già protagoniste di micro fusioni per l’insostenibilità del mercato di allora. Tifosi che dalla notte al giorno dovettero cambiare colori e squadra da sostenere per ambire ad una vita piena di vittorie. E già questo comincia a delineare il tipo di trauma subito e poi tramandato generazionalmente.
Vede, è come se a Londra improvvisamente restasse il Chelsea ed una squadra formata dalla fusione di tutte le altre, di Arsenal, Tottenham, West Ham, Fulham, QPR, Crystal Palace, Charlton… E la si chiamasse semplicemente London.
Poi, improvvissamente e con la parziale collaborazione mediatica (tanti tifosi, tanti giornalisti), si facesse credere a tutti questi tifosi del London che avendo il nome della città ne fossero i legittimi ed insidscutibili padroni.
Purtroppo la storia, quella fatta di titoli, ma di quelli sportivi e non di quelli dei giornali, recita altro. Recita che tutta questa fatica di unire le forze non è servita a nulla se poi la fusione ha portato un bottino di trofei tristissimo, confrontato alle vere superpotenze del calcio italiano.
Continuo nelle prime righe dell’articolo, dove l’autore dice “nel Senato di Roma stanno per tornare a sedersi i barbari”. Forse l’autore in preda ad una spossatezza da pareggite dei suoi prediletti trova utile insultare gli avversari dandogli del “barbaro”. A Roma si dice “chi mena per primo mena 2 volte”. Ci sembra da tanto, troppo tempo, l’atteggiamento di una frangia di tifoseria romanista, quella meno sportiva e più arrogante, che di nuovo fa sfoggio della propria tracotanza nella semplice coincidenza del proprio nome con quello della città, di cui ancora oggi non si capisce quanto legittimamente possa utilizzarne il logo ufficiale senza pagare al Comune di Roma una legittima royalty.
Che ne direbbe caro Direttore se oggi fondassi una squadra di atletica chiamandola “Gazzetta” sfoggiandone lo stesso look ed utilizzando lo stesso logo senza chiedere al Suo CDA una qualsivoglia autorizzazione?
L’essere definiti “barbari” da un romanista sulle pagine nazionali della Sua testata è inaccettabile e fuori da ogni contesto di licenza giornalistica o di qualsiasi altro tipo. A Roma già viviamo in un clima non amichevole tra tifoserie, se poi sono gli stessi media a seminare il germe cattivo cominciamo davvero a farci delle domande per capire se ci siano degli interessi particolari da parte Vostra a fomentare ulteriormente l’odio e la cattiveria oppure se, ancora, si possa trattare solo di uno sfogo da tifoso di Cecchini che, lo comprendiamo, è costretto a rivivere quasi quotidianamente i fantasmi di quel 26 maggio che ha costretto tanti a lunghe sessioni di analisi per uscire da quel dramma consumatosi al 71esimo minuto di quella finale storica ed irripetibile.
Infine, prosegue il suo dipendente, “che i cugini di campagna (non quelli di “Anima mia”, ovvio) sono pronti a traslocare in massa nel centro della Capitale”. Eh si, è la conferma di quanto detto in apertura di questa mia lettera. Purtroppo la storia non è conosciuta da tutti. O forse scrivendo cosi si cerca di indottrinare le nuove generazioni inculcandogli delle nozioni diverse dalla realtà, a mò di Politburo, al semplice fine di tentare in ogni modo di cancellare quello che è scritto sul marmo per non patirne le conseguenze. Sembra come la storia di quel condomino che a tutti i nuovi arrivati dice che i rumori arrivano dal piano sopra al suo quando è lui a tenere lo stereo alto.
D’altronde, caro Direttore, perché quei tifosi hanno l’assurdo bisogno mentale di stamparsi sulle tute, non ufficiali, l’anno di nascita della città di Roma, invece che quello della propria squadra? A volte non capiamo se si tratta di un vero e proprio complesso di inferiorità o di altro. Ci si attacca a ciò che non si è cercando di mostrare al mondo una facciata diversa… Mah…
I Laziali non sono così. Sono sobri, non riempiono le redazioni di giornali parlando dei rivali ed usando termini dileggianti oltremodo. Non hanno bisogno di sfoggiare la storia perché i laziali SONO la storia. Non hanno bisogno di mettere la tuta quando vincono e toglierla quando perdono. Faccia pure un giro in tribuna stampa all’Olimpico quando gioca la Lazio e poi quando gioca la Roma. Noterà subito che quando in campo ci sono i prediletti del sig. Cecchini la tribuna stampa è vestita come la curva.
D’altronde, c’è chi è stato concepito ed è nato per amore. E poi c’è chi viene da una fusione a tavolino.
Addio sig. Direttore.
Giuseppe Vasapollo
dottore commercialista
responsabile comunicazione SS Lazio Atletica