2013

Lettere dal 1900: Ferro, ferro e ancora ferro

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Rimane poco, forse nulla da dire sulla Lazio 2013-14. La squadra è con Petkovic, paradossalmente più di quanto non lo fosse quando le cose andavano per il verso giusto. L’allenatore bosniaco ha imparato più di una volta dai suoi errori, poiché più di una volta ne ha commessi. La scorsa estate, a preparazione in corso, pur di farsi seguire dalla squadra ammise di aver fatto qualche passo indietro su alcune convinzioni; quest’anno, dopo un avvio ai limiti del catastrofico, ha riaperto il canale del confronto.

Petkovic è sempre stato uomo di ferro, ma se un mese fa le sue convinzioni non facevano il bene della Lazio in campionato, oggi il suo atteggiamento ha rigenerato uno spogliatoio. Ha deciso di guardare negli occhi i suoi uomini, ma di non guardare in faccia nessuno: giusto così. L’ingresso col Livorno di Ciani anziché di Novaretti è stato un segnale spartiacque: l’argentino ci aveva messo troppo tempo a prepararsi. Tutti siano sempre sul pezzo, basta giustificazioni, sì al pugno duro. Parole chiare, fatti limpidi. Un sergente di ferro, ma compreso dai suoi uomini, è quello di cui aveva bisogno la Lazio per ritrovarsi. E lo sta facendo.

Non è la vittoria col Livorno ad aver cambiato le cose; già col Trabzonspor i giocatori erano schierati su un’unica linea, al di là della prestazione deludente. Quando la testa è al posto giusto, i risultati sono una naturale conseguenza, anche se possono slittare di una o due giornate. Oggi la Lazio, con tutte le sue evidenti e acclarate difficoltà, in special luogo di organico, è una squadra. Una squadra con il suo allenatore. Al di là delle sirene svizzere per Petkovic o di qualsiasi squadra al mondo per i pezzi pregiati della rosa, è questo, e soltanto questo, che conta. Che conta per la stagione. Che conta per la Lazio.

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