2013

Lettere dal 1900: non siate Zarate

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Pensieri sparsi sul gioco della Lazio. Mentre Petkovic ha più di una ragione per non schierare definitivamente le sudate due punte (su tutte il fatto di avere solo tre attaccanti centrali), per giocare d’attacco diventa vitale il lavoro della trequarti. Felipe Anderson deve ingranare, Hernanes fa consumare gli opinionisti, Candreva… già, Candreva. Ha iniziato la stagione col turbo, ora si è perso. Eppure, nonostante le sue prestazioni siano al di sotto della sufficienza, i media continuano a definirlo il migliore in campo. Perché? L’azione-tipo di Candreva: palla sulla fascia, scatto, finta, nuovo scatto a cercare la linea di fondo, cross. Gli avversari lo sanno e spesso riescono a fermarlo. Quando crossa, il pallone non trova nessun laziale. Di recente l’assist è arrivato a Ciani contro il Milan. Poco per un’ala.

E’ forse unico il caso della Lazio, che ha tanti calciatori capaci di saltare l’uomo (oltre ai già citati, Lulic e Keita), eppure non entra in area di rigore. Il problema è mentale. E’ evidente che se questi giocatori facessero ciò che è nel loro dna le occasioni da gol sarebbero molte più. Sembra di rivedere lo spettro di Zarate, che si inceppò e non riuscì più a saltare neppure i Primavera. Se vogliamo imparare dalla storia occorre far riscoprire a questi ragazzi l’enorme talento che la natura gli ha dato. Con gli Zarate in campo è matematico che la Lazio non vinca.

Si sta ripetendo allo sfinimento: ritrovare il gruppo, ritrovare la mentalità. Proprio di questo, banalmente, si tratta. Inutile cercare retrospettive, complicate analisi del dico-non dico. L’egoismo dei calciatori è sempre stato il veleno dei risultati. La medicina è la fiducia reciproca, anteporre la squadra al singolo, rivedere le proprie posizioni ed essere disposti a fare un passo indietro per tornare a correre. Ce la farete, Candreva e compagni? O continueremo a ritrovarvi Zarate?

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