2014

Lettere dal 1900: Reja, devi svecchiare. E svecchiarti

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Anche quest’anno la Lazio di Reja fa una figuraccia contro una squadra che sogna di non scendere in Serie B. Il copione non cambia, e gli errori sono gli stessi: se due stagioni fa l’allenatore goriziano poteva dare la colpa alla panchina corta, oggi è proprio la panchina a condannarlo. Sì, perché è incomprensibile come dal ritorno di Reja i giovani siano tornati ad essere trattati da mocciosi. Keita, Perea, Onazi, Felipe Anderson vengono considerati alla stregua di Primavera, da inserire soltanto per dargli un’occasione di mettere cinque, dieci, venti minuti nelle gambe a fine partita. L’unica eccezione è stata lo spagnolo, che aveva però costretto Reja a schierarlo per via di gol e prestazioni. Non a caso la testardaggine del tecnico lo aveva portato a sostituirlo dopo appena 45 minuti contro la Roma per un Mauri fermo dal 26 maggio. E i risultati si son visti.

Col Catania si è rivisto in campo Alvaro Gonzalez, fedelissimo di Reja che ormai da anni ha perso lo smalto. Le sconfitte dipendono da fattori imponderabili, ma anche i valori dei singoli e le scelte del tecnico possono indicare come finirà una partita. Sta bene puntare di nuovo su Biava e Dias, perché la difesa è l’unico settore che richiede obbligatoria esperienza, ma è assurdo che da metà campo in avanti si debbano vedere sempre gli stessi volti, sempre gli stessi vecchi.

 
I nostri giovani non sono poppanti, caro Reja. La società ha investito pesantemente su di loro, e in tutte le grandi squadre ottengono lo spazio che meritano, perché ti possono sbagliare due partite ma alla terza e alla quarta inizi a vedere i risultati. Basta, Reja. La panchina non è più corta. E la classifica scappa. Ma le tre stagioni in biancoceleste non te l’hanno insegnato?
 
Matteo Torre – Lazionews24.com
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