2013
Lettere dal 1900: salto di qualità, finalmente ci conosciamo
Del doman non v’è certezza, cantava il Bacco di Lorenzo. Il doman a cui il calcio chiede ossigeno, con le rose che ringiovaniscono e i talenti che emergono. La Lazio ha da poco cambiato corso: se oggi apprezziamo una squadra di prospettiva rispetto alla Supercoppa Italiana, è perché in gioco ha fatto ingresso la linea verde: i Felipe Anderson, i Keita, gli Onazi. Era già scritto in questo editoriale, oggi c’è la prova: con lo stesso organico apparso imbarazzante dopo il 26 maggio, la Lazio sta finalmente sbocciando.
Attenzione: i risultati sono cuore pulsante di ogni idea di calcio. E’ inutile affidarsi ai giovani se portano a casa sconfitte, per quanto ornate di promesse e buoni propositi. No: la Lazio non vuole compiere questo errore. E’ un rischio che avrebbe potuto correre se avesse centrato almeno una qualificazione in Champions League, ma l’obiettivo è stato rimandato per tre stagioni consecutive.
Cosa è cambiato in due mesi? Sono rientrati i perni del mercato estivo (all’appello manca Vinicius, che ha tutti i numeri per mettere paura a Radu sulla sinistra). Non è inoltre un caso che le due reti a Trebisonda siano arrivate quando Petkovic è stato costretto a giocare a due punte, ma lasciamolo scivolare in secondo piano, per ora. L’infortunio di Klose ha dato spazio a Perea, cui manca ancora il mordente del calcio italiano, ma che ha messo paura persino a una retroguardia navigata come quella della Fiorentina. L’impressione è che da uomo assist possa dare alla Lazio quello che mancava dai tempi di Pandev, con sponde e movimenti fondamentali da cui dipenda l’intera fluidità della manovra.
Stona l’insistenza con cui Hernanes viene fatto carico di responsabilità. Un periodo di appannamento è fisiologico, come ha spiegato l’allenatore; a maggior ragione, c’è un sensazionale Ederson pronto a restituirgli il fiato. Eppure, anche ieri, ha avuto un minutaggio da Primavera. Sarà inoltre argomento di tutta la stagione la scelta tra Biglia e Ledesma: soltanto a maggio potremo tirare le somme, anche se è evidente che l’età favorisca il Nazionale argentino.
La Lazio, però, ha ripreso a volare in fascia. E dire che Candreva non è certo lucido nelle giocate come la scorsa estate in Confederations Cup. Anche qui fisiologia, chiaro. Ma nonostante qualche pallone di troppo sbagliato, questa squadra lavora costantemente ai fianchi gli avversari, allargando la manovra con piedi buoni e atletismo per lasciarsi alle spalle i marcatori: è qui che subentra il valore dei Cavanda e dei Lulic, ma è proprio qui che in area di rigore dovremmo vedere almeno due saltatori. Cosa che, col modulo a una punta, non può succedere che di rado.
Insomma: questi 24-25 titolari piacciono, ora che stanno acquisendo tono muscolare. La Lazio ha palleggiato pressoché ininterrotta contro la Fiorentina, prima squadra di palleggiatori in Italia. E nessuno sprechi il fiato parlando di viola stanchi e in emergenza: la Lazio ha più infortunati e gioca di giovedì da tre stagioni consecutive. La realtà è che il talento tecnico biancoceleste è puro. Fondamentale la svolta dal centrocampo in su, con Felipe Anderson e Perea, più un Onazi rigenerato. Diamo credito e aspettiamoci polmoni da questi ragazzi. Poi starà a Petkovic, dopo ieri sera, dimostrare che potrebbe non essercene per nessuno, con il maledetto salto di qualità che si attende dall’era Cragnotti. Spettro e ossessione del mondo biancoceleste. Forse i Felipe, i Brayan e i Lucas, questa volta, ci faranno il piacere di presentarcelo.