2013

Lettere dal 1900: tra aquila e fenice

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Candreva è a mani basse la sorpresa dell’Italia. Non fosse per l’inamovibile Buffon, forse oggi potremmo parlare anche delle prestazioni di Marchetti. Ma alcune gerarchie sono sacre, nel calcio. Lazio, leccati i baffi: hai preso due calciatori (decaduti) della Nazionale, e all’Azzurro li hai riconsegnati. Uno, portiere screditato e fuori rosa dopo il Sudafrica; l’altro, ex juventino con le stigmate dell’occasione fallita, dell’oblio del calcio di provincia (non ce ne voglia il Cesena, ma il paragone è questo).

Oggi ‘Romoletto’ infiamma “gli altri tifosi”, quelli non biancocelesti; a Roma, della sua rinascita, ce ne si era accorti da tempo. 1,7 milioni di euro per la comproprietà di un titolare della Nazionale, per di più a centrocampo. Poi Marchetti: 5,2 milioni. Era epurato dal campo e bistrattato dal pubblico. Da mesi è, molto più di prima, è tornato il vice Buffon – e sul “vice” si potrebbe discutere a lungo.

Visto – no, ammirato il Brasile di questa Confederations Cup, vien da tremare. Trema il sangue nelle vene, se si pensa alle analogie con l’ultimo colpo della società. Un ragazzo che si dice abbia immenso talento, ma che per questa o quella ragione in campo non brilla da mesi. E se Felipe Anderson fosse il nuovo miracolato della cura Lazio? Ennesima fenice che, sotto l’egida dell’aquila, rinasce dalle ceneri? Ve l’avevo detto: vien da tremare al pensiero. Perché il pensiero dice che, per arrivare in questa Seleçao, bisogna essere tra i migliori sulla faccia del pianeta. Un po’ come Hernanes.

P.S.: ancora postumi di 26 maggio: Candreva, nell’Italia, duetta a meraviglia con De Rossi. Se ci si mette anche la Nazionale, tra un po’ neanche tifare Virtus basterà più per distrarsi.

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