2013

Lettere dal 1900: viva il ranking UEFA

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Meno male che c’è il ranking. Si dice: “l’Italia deve riprendersi il quarto posto in Champions”. O i più negativi: “Se continua così perdiamo anche il terzo”. La verità è che il tanto odiato ranking sta regalando uno specchio ogni anno più fedele delle realtà calcistiche europee.

Spagna prima, Inghilterra seconda, Germania terza. Quindi Italia, Portogallo e Francia. Come obiettare? Il calcio spagnolo vive dell’era Guardiola, e perderà il primo posto solo tra qualche anno, quando la Germania guarderà tutti dall’alto. I soliti discorsi: stadi di primissimo livello, tutto esaurito, società economicamente forti. In Italia chi insegna calcio? L’Udinese. Il Chievo. Il Sassuolo. Quante apologetiche per queste squadre, capaci di salire e fare sempre bene nonostante… nonostante cosa? La verità: nonostante una manciata di tifosi.

Una società non è piccola perché Dio non vuole, ma perché ha piccolo bacino d’utenza. E se a Verona si tifa Hellas e a Sassuolo devono giocare in casa a Modena, i benpensanti del calcio italiano credono sia meglio spedire in giro per l’Europa Udine che Roma, quale che ne sia la sponda. Meglio una squadra con una media di 15 mila spettatori. Perché la società è bella, tanti giocatori giovani, plusvalenze. Poi chi se ne frega se in campo internazionale può solo dire di esserci stata.

Il calcio italiano è in crisi mentale. La legge per gli stadi latita, Lazio e Roma devono contendersi alla morte un solo posto in Europa, coi friulani che già pensano al prossimo girone di ritorno (quello d’andata, Europa League annessa, servirà per collaudare la nuova rosa, come sempre). Ci si lamenta delle solite forze (Juventus, Milan), ma sono proprio loro a tenere a galla il nostro ranking. Perché altre società, tra maremoti interni e cataclismi sul campo, riescono regolarmente a scivolare sotto Udine.

Lazio, Roma e Inter devono cambiare qualcosa da anni. Le sette sorelle devono tornare. O continueremo ad applaudire l’Udinese e a domandarci perché ogni anno il Portogallo sia sempre più vicino. Perché nel calcio si fanno affari, si costruiscono società d’acciaio e si va in Europa. Discorso che fila, ma in cui i tifosi non servono più a niente. Non che abbiano un ruolo marginale: non ne hanno alcuno, affatto. Una splendida società che lavora tranquilla, va in Europa, esce, e nessuno si lamenta. Perché questa Italia malata crede che sia più importante fare calcio che dare calcio a un popolo. E grazie al Ranking UEFA, severo quanto esatto metro di giudizio, ne paghiamo le conseguenze. Grazie, ranking. Grazie davvero. Magari qualcuno si sveglia, in una società che ha dietro un popolo. 

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