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Lotito carica la squadra: «Non è stata costruita per arrivare settima. Vincere la Coppa per salvare la stagione»
Il presidente Lotito ha rilasciato un’intervista in occasione della finale di Coppa Italia e ha affrontato diversi temi
Ore 11,10, cellulare spento. Ore 11,35, squilla. Risponde qualcuno che contemporaneamente parla (a raffica) su un’altra linea. Esattamente il Claudio Lotito che t’aspetti, se hai visto una delle sue celebri imitazioni, alle prese con cinque telefoni: “Per gentilezza, potrebbe richiamarmi fra una ventina di minuti?”. Ore 12, occupato, Ore 12,30, idem. Ore 14, ”Eccomi, l’unico problema è che sto a pranzo con certe persone, non cambia niente fra un paio d’ore, no?”. Un intervistato, però, rispettoso della parola data, e che, quando l’intercetti, è realmente disponibile, pane al pane, vino al vino.
Sessantadue anni, Lotito – proprio laziale più che romano, essendo d’origine amatriciana – è infatti il patron della Lazio, che domani all’Olimpico contenderà la Coppa Italia all’Atalanta. Data d’acquisto 19 luglio 2004. La società – disastrata a seguito degli sfarzi dell’era Cragnotti – stava fallendo, era praticamente già fallita. “Ho appena comprato la Lazio al suo funerale ed è come se l’avessi riportata in coma irreversibile, ora spero di riuscire a risvegliarla”, una delle sue dichiarazioni famose, come le citazioni in latino. È stato di parola. Spalmadebiti o no, l’ha salvata. Ai tifosi per primi è stato a lungo poco simpatico perché ha chiuso alcuni canali privilegiati, lo chiamano ancora Lotirchio, ma il premio Financial Fair Play gli allenatori italiani, nel 2015, l’hanno attribuito a lui riconoscendone la meticolosa e rigorosa gestione del bilancio. Ora gli abbonati sono 20 mila. E, nei suoi 15 anni, due Coppe Italia e due Supercoppe italiane, in un’epoca stradominata dalla Juventus, costituiscono un buon bottino, che la Roma non può sfoggiare.
L’intervista comincia ma neanche a parlarne di fargli la prima domanda. Il presidente parte lancia in resta e per prima cosa offre della sua squadra una definizione senza appello, che non lascia spazio a grandi complimenti.
“Troppo altalenante”.
Però la Lazio a Cagliari, sabato scorso, ha vinto. Positiva anche la prestazione.
“Appunto. Una volta bene, quella prima male, prima ancora così così. Lo chiedo a lei: con quest’organico possiame stare settimi, ottavi in classifica?”
“Io che sono il presidente mica posso accettare premi di consolazione. La Lazio, quanto a trofei vinti, sta dietro solo a Juventus, Inter e Milan”.
Insomma, lei è scontento dell’andazzo. Sicché la Coppa Italia sarebbe un premio di consolazione?
“No. Anzi, questa finale di Coppa Italia con l’Atalanta è “la partita”. Intanto la si può considerare il veicolo più diretto per qualificarci almeno in Europa League. La stagione si compone del campionato, della Coppa Italia e di una competizione continentale. Falliti il primo e il terzo obiettivo, centrando il secondo potremmo salvare l’anno”.
Presidente, l’ha letto anche lei che Simone potrebbe venire all’Atalanta?
“Non cominciamo a uscire dal seminato. Se rispondessi, la prossima domanda sarebbe se prenderò Gasperini al posto d’Inzaghi. L’intervista riguarda Atalanta-Lazio. Le due squadre si giocano una finale e lei mi chiede se l’allenatore di una sta per passare all’altra?”.
E allora le chiedo come ha fatto l’Atalanta in questi tre anni a trasformarsi da provinciale in lotta per la salvezza ad aspirante big. Proprio i tre anni di Gasperini…
“Intanto la proprietà dell’Atalanta è di qualità. L’ambiente è propizio, non manca l’entusiasmo, la voglia di migliorare. Se non ci fosse una valida organizzazione societaria, Gasperini, per quanto bravo, non avrebbe potuto compiere un simile exploit. Attribuirgli tutti i meriti è riduttivo”.
Certo che l’Atalanta trovarsela fra i piedi in finale proprio in quest’occasione, che dovrebbe salvare la stagione della Lazio…
“Si affronteranno due squadre e due società forti, con la stessa filosofia. Non mi faccia entrare in dettagli tecnici. Dell’Atalanta temo tutto e niente. Una cosa è certa. Il calcio è uno sport corale. Dunque non sarà un singolo a vincere la partita”.
Ma a che partita pensa di assistere?
“A una partita all’insegna dei valori dello sport. Il calcio, tanto popolare, invia quotidianamente un messaggio ai giovani. Noi addetti ai lavori ne siamo portatori. E spero che le due tifoserie collaborino, allo stadio e fuori dallo stadio”.
Vinca il migliore, insomma. Più ecumenico di così si muore, Lotito non vuol parlare di mercato, non vuole dirci come andrà a finire, ma svaria – da uomo di centro-destra – su più fronti.
Senta, a Bergamo i Percassi stanno rifacendo lo stadio. La Roma pure. Lei no?
“Io è da quando ho preso la Lazio che ho un progetto. Possiedo pure i terreni, a Roma Nord. Ma dipende dall’amministrazione comunale. Allora presentai il progetto alla Giunta Veltroni. Figurarsi…”.
E adesso?
“Se fanno fare lo stadio alla Roma, voglio vedere se ce lo negano”.
Ma Tor di Valle, il nuovo stadio della Roma, appunto, non rischia di abortire?
“Roma non è Bergamo. Al Nord qualcosa si riesce a combinare, ma noi risentiamo di retaggi storici del passato”.
A Bergamo è mai stato? La conosce?
“No. O meglio, ci sono stato un sacco di volte, ma per le partite. Non avendo mai vissuto la città, non posso dire. So del tessuto socioeconomico, che è un territorio produttivo”.
E come va Bonacina, che da più di un anno allena la sua Primavera?
“Persona per bene. Ed è un valore importante. Ho in società un altro bergamasco, Bianchessi. Anche lui nel settore giovanile”.
Bonacina lo conferma?
“Ricomincia col mercato? Non le ho detto di Inzaghi, mica le posso dire di Bonacina. La Primavera sta facendo i play off per tornare in A. Vediamo come finisce la stagione”.
Fonte: Cesare Malnati – Eco di Bergamo