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Lotito: «Inzaghi e Tare? Era naturale che restassero. Milinkovic via solo se lo desidera. Su Totti penso che…»
Il presidente Claudio Lotito ha rilasciato un’intervista a La Gazzetta dello Sport, in cui si è espresso su Tare, Inzaghi ed il calciomercato
Claudio Lotito, sempre più vicino ai quindici anni di presidenza della Lazio, ha rilasciato una lunga intervista a La Gazzetta dello Sport, esprimendosi su diversi temi ‘caldi’. Innanzitutto, la permanenza di Inzaghi e Tare: «Nessuna fatica. Era naturale che restassero. Sono qui da tanti anni e i rispettivi cicli non sono certo finiti. Non sono stato interpellato dal Milan per il ds. La cosa non mi è piaciuta. Noi non ci saremmo mai permessi di contattare un tesserato di un altro club. Ma ognuno ha il suo stile. Lui ha preferito restare? Scelta logica. In questo momento la Lazio è una società più strutturata di quella rossonera. E poi qui il lavoro che ha da fare è sempre maggiore. La Lazio è una società dalla catena corta e qui si lavora bene. Oltre a Tare e Inzaghi c’è anche Peruzzi. Sono felice che anche lui resti».
TARE E INZAGHI – «Gli inizi? Tare voleva continuare a giocare. Gli dissi: “Ti rinnovo il contratto, ma per fare il ds”. Restò incredulo, ma sin dal primo giorno dimostrò che la mia scelta non era sbagliata. In quanto a Inzaghi, il suo arrivo sulla panchina parte da lontano. Quando accettò di spalmare il contratto gli dissi: “Cosa vuoi fare quando smetti? L’allenatore? Ti darò questa possibilità”. Poi lui si è meritato tutto. Dargli la prima squadra già nel 2014? Ci pensai. Adriano Galliani proprio quell’estate aveva affidato il Milan a Inzaghi. Mi suggerì di mettere Simone in panchina, ma non era ancora pronto. Bielsa? Non c’era dialogo. Chiedeva giocatori e il giorno dopo cambiava idea. Alla fine non ressi più e gliene dissi quattro. Lui protestò: “Non sono mai stato trattato così da nessuno”, gli risposi: “Io non sono nessuno, sono Claudio Lotito”. Finì lì».
BONUS SCUDETTO – «Tra la Juve e le altre squadre c’è una sperequazione troppo forte. E in più i bianconeri hanno forza e tradizione garantite dalla presenza della stessa famiglia al vertice da sempre. La Lazio dopo la Juve per trofei vinti negli ultimi anni? E’ la dimostrazione che con le idee e il lavoro tutto è possibile. E ora ci rivedremo per la Supercooppa».
STAGIONE – «Il piazzamento in campionato non è consono al valore della squadra. Però il giudizio sull’annata rimane ottimo. Con il minimo sforzo abbiamo ottenuto il massimo risultato, grazie alla Coppa Italia. Milinkovic? Alla Lazio teniamo solo chi ha il piacere di restare. Se il giocatore manifesterà l’intenzione di intraprendere nuove avventure non ci opporremo. Prezzo? Le trattative non si fanno sui giornali. Mi limito a ricordare che è stato giudicato il miglior centrocampista della Serie A. Luis Alberto resta? Vediamo. Se c’è una cosa che nel mondo del calcio non manca sono i giocatori».
TOTTI – «All’inizio della mia gestione ebbi un problema analogo (la permanenza di Di Canio, ndr). Presi una decisione e andai avanti assumendomene le responsabilità e pagandone le conseguenze. Si deve avere il coraggio di fare scelte nette».
STADIO – «Fui tra i primi a presentare un progetto per un impianto, da edificare sulla Tiberina su terreni della mia famiglia. Mi fu proposto anche Tor di Valle, non ritenni consono. Adesso stiamo alla finestra. Se lo fanno fare alla Roma, lo devono far fare anche alla Lazio».
BILANCIO – «Acquisto che non rifarei e quella a cui sono più legato? L’acquisto di Zarate fu un investimento sbagliato in relazione ai risultati prodotti. Il colpo cui sono più affezionato Rocchi. Perché è stato il primo di un certo spessore. Lui il nuovo Inzaghi? Sta facendo bene nelle giovanili. Ha grande capacità».
SUPERCHAMPIONS – «Vogliamo difendere il nostro campionato, la meritocrazia, il valore sociale e culturale del calcio in Italia, l’interesse del pubblico. Le offro un dato: Lazio-Atalanta finale di Coppa Italia è stata più vista di Liverpool-Tottenham finale di Champions. Anche le grandi partite internazionali non potranno mai sostituire l’interesse per qualcosa che fa parte della nostra storia, dei nostri campanili. Il calcio non può essere solo business e sfide tra pochi grandi club pieni di stelle».