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Lulic: «Lazio, neanche un grazie! Tifosi sempre dentro di me e il 26 maggio…»

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Senad Lulic si è raccontato sulle pagine del Corriere dello Sport, togliendosi anche qualche sassolino dalla scarpa

Senad Lulic, ex capitano della Lazio, ha parlato a 360° ai microfoni del Corriere dello Sport. Dal 26 maggio, alla mancata festa di addio fino alla nuova vita ecco le parole dell’ex biancoceleste.

NUOVA VITA – «Sto bene, vivo a Coira, faccio il padre h24, mi godo la famiglia, la libertà. Faccio il tassista. Gliultimi due anni a Roma non sono stati facili. La mia famiglia era in Svizzera, è stata dura anche per la pandemia. Ho deciso di dedicarmi a loro. Mi riposo e mi ricarico».

FUTURO – «Il 6 giugno inizierò il corso a Coverciano, prenderò il patentino allenatore Uefa A, non escludo il resto».

AFFETTO – «Vivo come prima del calcio, sono un uomo semplice. A Roma ero travolto dall’affetto, un’emozione continua. Qui qualcuno mi ferma, non capita spesso».

ANNO DI SILENZIO – «Ho voluto staccare, mi serviva tempo per me stesso. Non ho voluto fare interviste anche per non creare casino dentro la Lazio e fuori. Mi serviva calma per ripensare a tutto. Mi sto svegliando un po’».

FEBBRAIO 2020 INFORTUNIO ALLA CAVIGLIA – «Non è stato un infortunio. È stato un incidente. Tanta gente non lo sa o fa finta. Per fortuna mi è successo a 35 anni. Avevo offerte, ma se avessi continuato avrei avuto bisogno di qualcuno che mi seguisse da mattina a sera. Perchè dico incidente? Ai primi di gennaio 2020 mi faceva male la caviglia, a Brescia avevo preso un colpo. Ho continuato a giocare con i dolori, non c’erano tanti cambi. Tutti mi dicevano che sarebbe passato tutto, che la caviglia era solo infiammata. Alla fine mi sono riposato un anno».

BATTERIO – «Dopo le infiltrazioni mi è venuta un’infezione alla caviglia, colpa di un batterio, lo staffilococco. Mi sono dovuto operare tre volte, una a Roma, due in Svizzera. Dopo il primo intervento continuavo ad avere dolori e sono andato in Svizzera. Il batterio mi ha mangiato i tessuti, i muscoli. Mi hanno spiegato che in casi estremi può essere a rischio la caviglia, possono essere intaccati gli organi. Per fortuna è andata bene».

RITORNO – «Ero orgoglioso di essere tornato. Ho sentito tanti campioni, dopo gli infortuni alla caviglia non sei più com’eri».

LAZIO – «Quando torno a Roma sento un amore incredibile ed è la cosa più bella. Mi stimano anche come uomo. Sono orgoglioso dei miei 10 anni laziali. Mi arrivano messaggi, mi sento amato».

ADDIO – «Non avevo aspettativa, però mi aspettavo chiarezza. Pensavo che ci saremmo seduti per chiarire cosa fare. Ho provato rabbia ed amarezza. Giochi l’ultima con il Sassuolo e non sai cosa succederà, se resti o no. A marzo o aprile mi avrebbero potuto dire: “Senad, vogliamo ringiovanire”. Non ci sarebbero stati problemi, è mancata la chiarezza. Avrei continuato volentieri, 5 minuti dopo 10 anni potevano ritrovarsi. Invece sono partito per le vacanze e in vacanza sono rimasto».

TARE – «Il 30 giugno mi ha chiamato dicendomi che non avremmo continuato insieme, che avrebbero preso un altro».

SARRI – «Se con Inzaghi sarei rimasto? Penso che la mia partenza fosse decisa. Nel calcio si dà la colpa agli altri. Alla fine è passata che fu Sarri a non volermi, ma non penso c’entri».

PERCHE ADDIO – «Non lo so. Potevano dirmi “Hysaj è più forte, non ci servi più”. Hanno ringiovanito sì. Poi però è arrivato Pedro nella squadra più vecchia della A».

26 MAGGIO – «Mi emozionano ancora i tifosi, dirgli grazie è poco. Ci sarà sempre un legame. Il 26 maggio è e sarà sempre della Lazio e dei laziali. Non si tocca, non c’è rivincita».

EVENTO PER SALUTARE LULIC – «Non ti puoi autoinvitare a un matrimonio. Non posso chiamare io la Lazio e dire “fate una partita per me per favore”. Se ci andrei? Se non è successo finora non penso succederà, è tardi. C’era la scusa della pandemia, va bene così. Semplicemente bastava un grazie. I 60mila dell’Olimpico li ho a prescindere quando vengo a Roma. Ho visto le premiazioni dell’ultima partita e questo mi ha fatto male ancora di più. Mi è dispiaciuto anche per Luiz Felipe, unico non premiato».

LUIZ FELIPE – «Poveraccio, piangeva. Non deve essere stata una bella cosa neppure per i tifosi. Non bisogna essere incazzati o permalosi se qualcuno va via. Guardi la Juve con Dybala o Romagnoli al Milan. Serve rispetto, a volte manca».

LETTERA DI LOTITO – «Se non avessi scritto io la lettera non penso che avrebbero fato qualcosa e non credo l’abbia scritta lui».

GOL ALLA ROMA – «Ero uno qualsiasi, sono entrato nel cuore dei tifosi, sono uno di loro. Eroe è esagerato ma quel gol è immortalità calcistica».

MINUTO 71 – «Ero al posto giusto al momento giusto. Sono stato bravo a leggere l’azione, a frenare, a coordinarmi. Non era semplice dopo la deviazione di Lobont. E servita fortuna, ma anche voglia di prenderlo quel pallone. Non ero lì per caso. Chi mi ha mandato lì? Petkovic voleva e vuole che si riempia l’area quando c’è l’attacco da destra. È andata come doveva».

ESULTANZA – «Come posso spiegare un’emozione inspiegabile? Basta vedere le immagini. Non ho dormito per tante notti. Ho regalato un’emozione per la vita, il massimo che si può chiedere».

STRISCIONE DEI ROMANISTI CONTRO LULIC – «Ho lottato per non perdere le dita. Quella frase mi ha fatto male. Non sono tranquillo come sembra, l’orgoglio ce l’ho».

LULIC – «Ho resistito a tutto e alla fine ho preso un bel calcio in c…..Neanche un grazie. E questo che mi dà fastidio. Ho giocato con dolori ovunque. La gente lo vede».

SUPERCOPPA – «Il mio terzo trofeo da capitano. Solo Nesta ne ha vinti di più. Che orgoglio».

SCUDETTO 2020 – «Un pensiero l’abbiamo fatto. Ma con il minimo non puoi sempre arrivare al massimo».

CAPITANO – «Ho litigato con tutti, anche con Petkovic. Poi passa tutto, ho litigato con Radu in ogni partita. Ci sentiamo, siamo fratelli».

LAZIO QUEST’ANNO – «Seguo la Lazio quando posso. Arrivi quinto hai fatto il tuo. Ai tifosi auguro la Champions».

SOGNO ALLENARE LA LAZIO – «Ora non ci penso…Quando inizi da allenatore devi anche capire se ti piace».

AMAREZZA – «Se passerà? La Lazio e i suoi tifosi sono dentro di me».

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