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Manfredini: «Alla Lazio ricordi bellissimi. Zarate poteva essere tra i migliori al mondo»- ESCLUSIVA
In esclusiva ai nostri microfoni, si è racconato l’ex Lazio Manfredini, tra i ricordi degli anni alla Lazio ed il futuro da allenatore
Otto le stagioni passate da Christian Manfredini, ex centrocampista, nella Lazio, dal 2002, anno in cui viene prelevato dal Chievo Verona, al 2011, con le parentesi in prestito ad Osasuna, Fiorentina e Perugia. Nel 2004 il ritorno in biancoceleste, con 98 presenze e 5 gol in campionato nelle successive stagioni. Nelle stagioni 2009/10 – 2010/11, non rientrando nei piani del club, il giocatore viene messo fuori rosa fino al termine naturale del contratto. Tra i ricordi dei momenti alla Lazio ed il suo futuro di allenatore, Christian Manfredini si è raccontato così ai nostri microfoni:
Dopo otto stagioni passate nella Lazio, quali ricordi mantieni del club? Che emozioni ti dà ripensare al tuo passato in biancoceleste?
«Sono tanti i momenti belli passati alla Lazio, ma ricordo anche quelli spiacevoli, sono importanti per la carriera di un giocatore. I ricordi più belli li ho dell’era di Sergio Cragnotti, in cui ho potuto giocare con calciatori importanti del calibro di Nesta, Stam, Mihajlovic, Mendieta e tanti altri. Ricordo benissimo anche le vittorie in Coppa Italia, la conquista della Champions League con Delio Rossi e tanti altri momenti davvero belli».
Nel 2002, dopo averlo acquistato appena un anno prima per 89 miliardi di lire, la Lazio cede Gaizka Mendieta al Barcellona in prestito. Prima del suo addio, hai trascorso il ritiro estivo con lui: quali credi siano stati i fattori che ne hanno condizionato pesantemente l’avventura in biancoceleste?
«Precisamente non so cosa sia successo, in allenamento Mendieta era un giocatore fuori dal comune, capace di giocate straordinarie, era di un livello nettamente superiore alla media. Alla Lazio, però, non è riuscito ad ambientarsi per vari motivi. È un vero peccato che non sia riuscito ad imporsi, era il posto giusto al momento sbagliato, forse».
Un altro rimpianto, stavolta dell’era Lotito, della Lazio è Mauro Zarate che, dopo un primo anno da fuoriclasse, non ha rispettato le aspettative nelle stagioni successive. Come credi sia stata possibile la sua parabola discendente in biancoceleste?
«Mauro Zarate era straordinario, per quel che è riuscito a fare il primo anno alla Lazio, posso dire che fosse davvero vicino ad essere un fuoriclasse. Le aspettative per il secondo anno erano altissime, confermarsi in Italia per le successive stagioni vuol dire essere davvero un grandissimo calciatore. Ma non è stato così, nei due anni successivi non è riuscito a ripetersi, probabilmente anche per una questione mentale, si sentiva già arrivato e non aveva la fame necessaria per fare bene fino in fondo. Il mio rammarico è grande perché, avendo giocato con lui, dico che avrebbe potuto fare decisamente di più».
Tra i tuoi gol con la maglia della Lazio, uno dei più ricordati è sicuramente quello contro il Palermo nella stagione 2005-06. Che ricordi hai di quella partita?
«È stata una partita molto particolare, il Palermo era un’ottima squadra, a fine primo tempo eravamo sotto 0-2, lo stadio ci fischiava. Siamo tornati in campo e abbiamo vinto 4-2. Il gol? Sono stato fortunato ma anche bravo, non c’era spazio per andarci con la testa ne con le gambe, così l’ho colpita con l’anca ed è entrata, dandoci la carica per qualificarci poi, sul campo, per la Coppa UEFA».
Dopo il primo tempo con l’Atalanta, sotto per 0-3, la Lazio ha cambiato regime, arrivando addirittura a giocarsela alla pari con la Juventus per lo scudetto. Cosa pensi del lavoro svolto da Inzaghi negli ultimi anni?
«La Lazio sono diversi anni che, acquistando giocatori di livello, riesce a confermarsi e fare bene. Negli scorsi anni è mancato sempre qualcosa, ma il lavoro è sempre stato ottimo da giocatori e allenatore. Quest’anno si sono visti i frutti del duro lavoro. Credo che la Juventus abbia qualcosa in più ancora, ma la Lazio non ha nulla da perdere comunque vada. Inzaghi? Fin da giocatore aveva l’indole dell’allenatore, protestava con l’arbitro, studiava molto, leggeva tanto e ci dava sempre indicazioni tattiche. Sapevo sarebbe diventato un grande allenatore, e così è stato».
Le ultime due stagioni alla Lazio le hai passate da fuori rosa: quali sono stati i motivi di questa improvvisa rottura?
«Dal 2009 mi sono ritrovato fuori dal progetto, io avevo altri due anni di contratto, volevo risolverla nel migliore dei modi, ma la dirigenza aveva altri programmi: non volevano cedermi, pagarmi e neanche risolvere il contratto, così sono stato costretto a fare causa alla società, vincendola. Penso sarebbe potuta finire in modo più civile, ma così non è stato. Se una società non ti ritiene più nei suoi piani, o ti cede o rispetta il contratto: loro volevano che restassi alla Lazio, senza giocare e senza essere pagato. Probabilmente avrei potuto dire la mia negli ultimi due anni, anche solo a sprazzi, ma è andata così, la linea dirigenziale di quegli anni era quella. Porto comunque il massimo rispetto per la società».
Dopo il tuo ritiro dal calcio giocato hai ottenuto il patentino da allenatore: che progetti hai in mente per il futuro? Ti piacerebbe tornare alla Lazio, partendo magari dai giovani?
«Ho il patentino da allenatore e da direttore sportivo, adesso sono in Federazione, lavoro ad un progetto di giovani, sto ancora apprendendo il mestiere da allenatore. Un giorno mi piacerebbe tornare alla Lazio, anche dai giovani perché è giusto che ognuno parta dai giovani per poi costruire la propria carriera».