2013

Manzini: “La vittoria di domenica ha sancito le gerarchie di questa città. Più di un derby”

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A pochi giorni dal trionfo in Coppa Italia, una vittoria che è entrata nella storia della società biancoceleste, un giorno molto emozionante che difficilmente giocatori e tifosi dimenticheranno, è intervenuto ai microfoni di Lazio Style Radio il team manager della Lazio, Maurizio Manzini:

Come definiresti questi momenti?

“Sono momenti di particolare soddisfazione e felicità, però ora indosso la maglia del Fenerbahce perché bisogna stare sempre concentrati ed attenti: anche nei momenti di gioia c’è sempre un Fenerbahce dietro l’angolo”.

In questi anni hai vissuto di tutto. Che valore dai a questa Coppa Italia?

“Immenso. Non solo perché è l’ultimo trofeo. Io sono stato testimone di tanti trofei. Per ora Lotito ha fatto il vero triplete, che con la Supercoppa potrebbe diventare poker”.

Anche oggi, Lotito ha ricordato che i soldi non sono tutto.

“Puoi avere quanti soldi vuoi, ma se non li sai amministrare svaniscono in un attimo. Sono fatti che accadono, sono lezioni che arrivano da tutti i campi della vita, compreso quello sportivo”.

Tu hai vissuto momenti di grande pericolo per la Lazio.

“Ricordo che la linea fra disperazione e felicità non è mai stata sottile come quella tracciata il 19 luglio. Non c’era nulla, nemmeno le strutture”.

Da laziale quanto stai godendo?

“Come un opossum: è una definizione che ho sentito alla radio e mi sento di condividerla”.

Hai mai immaginato di alzare un trofeo di fronte alla Roma?

“No. Quello è il massimo della vita. Quando i sogni diventano realtà. Anche perché proprio come un sogno sarà impossibile che possa ripetersi. Gli incastri che possono riportare a quel momento sono al di fuori di ogni possibilità. Non è un derby normale, un derby di campionato non sarà mai così. Al di là del trofeo ci si giocava la supremazia della città. La sfida di domenica ha sancito che le gerarchie in questa città sono queste. E non c’è nulla da fare”.

In quei momenti a chi hai pensato?

“Ho pensato a mio padre, accesissimo tifoso della Roma come tanti miei parenti. Nei momenti difficili della gara ho alzato spesso gli occhi al cielo e ho detto ‘papà proteggici’”.

Qualche persona della Lazio del passato a cui hai pensato?

“In quegli attimi, al triplice fischio, mi è passato davanti un lungo film cominciato nel 1972 e ho rivisto tutti i personaggi che hanno fatto la storia di questa squadra. E’ stata una gioia che mi ha riempito”.

Un pensiero sui tifosi.

“Mi unisco ai fratelli laziali di fare sfoggio della lazialità, deve essere orgoglio di appartenere a questo club gloriosissimo che ha portato uno stile nello sport. Lo ripeterò fino all’esaurimento: la Lazio è l’unico club in Europa che può vantarsi di essere ‘ente morale’”.

E sulla stella?

“Nell’ordinamento della federazione e della Lega non è prevista l’assegnazione di una stella per la conquista della decima Coppa Italia”.

Per te sempre tanti attestati di stima.

“Ringrazio tutti. Dico grazie anche ai dirigenti che ho avuto: da Lenzini a Lotito. Grazie a tutti loro perché mi hanno dato una chance che nella vita di un laziale sia irripetibile”.

Se ora avessi davanti a te un bambino di 10 anni e gli dovessi raccontare tre storie di Lazio, quali sceglieresti?

“Racconterei di queste giornate, sarebbe come raccontargli una bellissima favola. Poi gli direi che di tanto in tanto i giocatori si recano negli ospedali dove la gente soffre. La solidarietà è più importante della gloria. Infine vorrei ricordare ai bambini, futuro della nostra società, che bisogna avere sempre un obiettivo da raggiungere per dare scopo alla nostra esistenza. Gli obiettivi non sono facili da raggiungere e quello che lotta come te per lo stesso obiettivo va rispettato come avversario e non come nemico”.

Su Petkovic.

“Tra tutti i tecnici che ho conosciuto è un allenatore Lazio Style, hic et simpliciter”.

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