2015
Marchetti, l’amore con il Torino che non è mai sbocciato…
Il grande tradimento si consumò nell’annata 2004-05, pochi mesi prima del fallimento del Torino. Federico Marchetti aveva 21 anni, era il terzo portiere dei granata, aveva un passato nelle giovanili del Toro, cresceva alle spalle di Sorrentino e Fontana. L’occasione d’oro, dopo mesi vissuti in tribuna, si presentò in serie B il 16 gennaio 2005, era una domenica, si giocava Torino-Treviso (1-2 finale). Fontana era in ospedale (appendicite), Sorrentino fu espulso perché procurò un rigore, il risultato parziale era 1-1. Federico Marchetti quel giorno faceva il secondo, entrò al posto di Quagliarella. Beccò subito gol, non riuscì ad ipnotizzare Fabio Gallo. Il Torino perse, il tecnico Ezio Rossi prima di quel match era secondo in classifica, la sua panchina iniziò a traballare. Con Sorrentino squalificato e Fontana ai box l’allenatore, per la riscossa, chiese alla società di acquistare un portiere in più: arrivò l’esperto Berti. Marchetti, la domenica successiva, non giocò a Verona contro l’Hellas (2-0 per i gialloblù), s’accomodò in panchina e poi fu ceduto in prestito alla Pro Vercelli (lì dove giocò, sempre in prestito, nel 2002-03). Si sentì scaricato, era considerato un talento, ma l’unica volta che giocò fu solo per caso. Quel Torino riuscì a vincere il campionato con Zaccarelli e Pigino in panchina, tornò in A e riabbracciò Marchetti all’inizio dell’annata 2005-06: fu l’anticamera del divorzio. Il Toro andò in ritiro ad Acqui Terme, i portieri erano Fontana, Castellazzi e Marchetti, il tecnico era Daniele Arrigoni. Arrivò il fallimento, la maggior parte dei giocatori si liberò, tra questi anche Marchetti. Federico ripagò i granata con la stessa moneta, scelse la Biellese. Eppure era stato il Torino a scoprirlo, a farlo crescere. Marchetti era giovane, giocava in una piccola società, il Bessica. Il club era affiliato alla Juventus, ma il Toro fu lesto e si assicurò quel ragazzetto con i capelli biondi. «Non mi ritenevano degno di giocare nemmeno in Serie B», disse una volta Marchetti parlando del Toro.
FONTANA – Alberto Fontana conosce bene Federico, è stato un ottimo portiere, si ricordano tante sue parate miracolose. Fontana ha seguito la crescita di Marchetti: «Ha fatto diversi anni nel settore giovanile granata ed era quotatissimo da tutti seppure un po’ bizzarro come capita a vari portieri. Nel calcio, soprattutto in questo ruolo, c’è chi matura prima e c’è chi matura dopo. Marchetti fece il salto con l’Albinoleffe, lì è diventato ciò che è oggi». Fontana rimase colpito da alcune caratteristiche: «Federico era un portiere che usciva molto, deviava di pugno, queste caratteristiche gli sono rimaste. Era anche uno dei più bravi ad attaccare i palloni rasoterra, pure adesso è uno dei migliori. Il Marchetti del Torino era più sfrontato e meno razionale. Ora compie meno parate decisive, ma fa anche meno errori di generosità, lo preferisco così». Il Torino perse un talento, l’ex Fontana si è dato questa spiegazione: «Tutti giuravano sulle qualità tecniche di Marchetti, forse era uno dei più forti portieri proposti negli ultimi venti anni dal settore giovanile granata, ma le perplessità nascevano da alcuni aspetti comportamentali, si dissolsero durante l’esperienza vissuta con l’Albinoleffe. Quel Toro aveva Quagliarella, Marazzina, Mudingayi e Balzaretti, la vera sconfitta fu il fallimento». La storia tra Marchetti e il Torino prometteva bene, finì male. Federico tornerà in Piemonte domani, sfiderà i colori granata. Le società sono cambiate nel corso del tempo, rimangono nella mente solo quei ricordi amari. Quagliarella c’è ancora, è tornato a Torino. Marchetti, nel gennaio 2005, prese il suo posto, il tecnico Ezio Rossi preferì rinunciare a un attaccante. Si rivedranno, si saluteranno, si sfideranno (Quagliarella è previsto in panchina, entrerà).
LA FORZA – Come riporta Il Corriere dello Sport, Federico ha lottato contro le difficoltà della vita, non s’è mai arreso. Ha lottato contro gli incidenti e gli imprevisti, contro i dubbi e le perplessità, contro le malelingue. S’è sempre rialzato, lo ha fatto anche quest’anno, dopo aver vissuto una stagione da incubo. Dal gennaio al giugno 2014 s’è trovato in un tunnel, ne è uscito. «Voglio dare una mano a questa squadra, voglio portarla in Champions League», ha detto qualche giorno fa. E’ il suo obiettivo, è la sua missione, è il suo nuovo riscatto. La Lazio gli ha dato e ridato fiducia, non l’hai mai abbandonato. L’ha scelto da numero uno e così lo ritiene ancora oggi.