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Mihajlovic racconta la malattia: «Per ora sto vincendo la battaglia!»
Mihajlovic, il tecnico del Bologna si è raccontato in una lunga intervista televisiva in cui ha ripercorso tutta la sua malattia
Sinisa Mihajlovic continua a lottare per sbarazzarsi definitamente della malattia che lo ha colpito questa estate. Il tecnico del Bologna si è raccontato in una lunga intervista esclusiva a Verissimo, trasmissione che andrà in onda domani pomeriggio. Eccone alcuni estratti.
«Per ora sto vincendo la battaglia, anche se devo fare attenzione. Sta andando tutto bene, non sto più prendendo il cortisone e questo è importante. Sono passati 78 giorni dal trapianto di midollo osseo e i primi 100 giorni sono i più critici. Poi dopo è tutto in discesa, bisogna avere pazienza ancora per una ventina di giorni ma superarli sarebbe già un bel traguardo. Sono molto contento, non ci sono state complicazioni gravi e va benissimo così».
TERAPIE – «Adesso ho ripreso anche ad allenarmi un pochino per tornare in forze, perché dopo 4 mesi senza fare niente e prendendo 17 pastiglie al giorno mi sono un po’ gonfiato. Ho fatto tredici chemioterapie in cinque giorni, ma già dopo il terzo avevano annientato tutto. Il primo ciclo è stato il più pesante, mi sono venuti anche degli attacchi di panico che non avevo mai avuto perché ero chiuso in una stanza con l’aria filtrata: non potevo uscire e stavo impazzendo. Volevo spaccare la finestra con una sedia, poi mia moglie e alcuni infermieri mi hanno fermato, mi hanno fatto una puntura e mi sono calmato. Stavo male ma dovevo dare forza alla mia famiglia perché se mi avessero visto abbattuto sarebbe stato peggio. Cercavo di essere sempre positivo e sorridente, facevo finta di niente per non farli preoccupare. Questa è stata una delle cose più difficili perché non sempre ero al massimo della forma».
«Non penso di essere un eroe, sono un uomo normale con pregi e difetti. Ho solo affrontato questa cosa per come sono io, ma ognuno la deve affrontare come vuole e può. Nessuno deve vergognarsi di essere malato o di piangere. L’importante è non avere rimpianti e non perdere mai la voglia di vivere e di combattere. Purtroppo non ho visto mio padre nei suoi ultimi otto mesi di vita e neanche quando è morto nel 2010. Quello è l’unico rimpianto che ho, ma spero che mi abbia capito. Quando hai i genitori noti tutti i difetti, io per esempio non sopportavo che facesse rumore quando mangiava, invece, quando poi non ci sono più ti mancano anche le cose che ti davano fastidio. Bisogna goderseli al massimo».
FAMIGLIA – «E’ stato il Natale più bello della mia vita, con tutta la mia famiglia vicino. C’era anche mia mamma, che si è arrabbiata quando ho pianto durante la seconda conferenza stampa, però poi a casa mi ha preparato dei piatti serbi che sono molto saporiti e non li ho sentiti amari come quasi tutto il resto dei cibi. Grazie a lei ho recuperato un po’ di chili».
MALATTIA – «Quando la vivi, all’inizio, è bruttissima ma dopo se hai la forza di reagire e riesci ad andare avanti nella vita è tutto di guadagnato perché capisci quali sono le cose importanti e sai che quello che può succedere è sicuramente meno peggio della guerra. Se la superi puoi battere qualsiasi ostacolo ma non la auguro a nessuno. Nel mio Paese dovevi essere forte non per scelta ma per obbligo: sono cresciuto così».
MESSAGGI – «Ho sentito tantissima vicinanza da gente famosa e da gente normale, anche con gli striscioni negli stadi. Prima ero uno che divideva, con questo problema ho unito tutti. Hanno guardato l’uomo più che l’allenatore e questo era l’importante».