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Paparelli: «Con mio padre è morto il calcio. Wilson piangeva al telefono…»
Vincenzo Paparelli vive sempre nel cuore dei tifosi della Lazio: oggi sono quarant’anni precisi da quel tragico episodio del 28 ottobre 1979
Nessuno può, nessuno deve dimenticare. Oggi sono trascorsi esattamente 40 anni dalla tragica morte di Vincenzo Paparelli ed il figlio Gabriele è stato raggiunto dalla redazione di Lazio Style Channel. Oggi che anche lui è diventato padre, il peso della tragedia è ancora più pesante. Ed il senso di giustizia sempre più vivo, nei confronti di un uomo rimasto vittima di una guerra di cui nemmeno doveva far parte. Ecco una parte dell’intervista: «Con mio padre è morto il tifo, il calcio. Portare questa violenza all’interno degli stadi, che si ritenevano sicuri e tranquilli, ha tolto tantissime sicurezze ai tifosi. Da quel giorno sono cambiate completamente le regole. Vietarono tamburi, striscioni, iniziarono i controlli. Quello che mi ha colpito è il dopo, la non possibilità di vivere in “serenità” la sua morte. Mi dicevo: “Oltre che è morto, lo insultano pure”. Era un tifoso normalissimo, non stava facendo scontri o andando a cercare problemi. Negli anni è stato difficile digerire i tanti insulti che sono arrivati. I tifosi laziali sono la mia famiglia, so che ognuno di loro nel sentire quei cori e nel leggere quelle scritte ne soffriva tantissimo».
IL DESTINO DI VINCENZO PAPARELLI – «Lui non doveva andare, pioveva. Poi è uscito il sole, laziale com’era non voleva perdersi il derby ed è corso via. Questa parte la lego al destino. Quello che è successo dopo no, non si va allo stadio armati in quel modo. Sono sicuro che non volevano uccidere ma è anche vero che se spari in mezzo a 50 mila persone puoi ferire gravemente o uccidere qualcuno. Questa è stata l’immagine più difficile da digerire. Wilson? E’ stato il primo a chiamarmi questa mattina, come fa da sempre. Piangeva al telefono, è il giocatore a cui sono più legato. Lui sente tanto questo episodio, così come Giordano che mi racconta la paura e la tristezza che i calciatori hanno provato quel giorno».
I TIFOSI DELLA LAZIO NON DIMENTICANO – «È bello ricordare ma è anche importante agire. È quello che hanno fatto gli Irriducibili sabato nella sede di Via Amulio, riunendo e facendo capire ai ragazzi presenti cosa succede a usare la violenza. È stato un momento costruttivo e ne va dato atto a questi ragazzi che sono immersi al 100% nel mondo Lazio. Il calcio ci accomuna tutti e dobbiamo viverlo al meglio, con serenità. È importante non smettere mai di raccontare e far vivere questi ricordi ai ragazzi per fargli capire come comportarsi in futuro. Spero che d’ora in avanti ci sia più attenzione. Dentro gli stadi succede poco al giorno d’oggi, ma fuori ci sono ancora tanti problemi. Il parco intitolato a mio padre? Non sono stato coinvolto e informato bene ahimè, è un’iniziativa buona. Ero arrivato al punto di dire che avrei ritirato il nome di papà da quel parco perché stava diventando una discarica. Mi fa piacere che venga riaperto, è un punto di ritrovo unico a Montespaccato. Penso e spero che sarà anche un luogo dove ricordare mio padre, riflettendo su quello che è successo».