Focus
Parolo, attore protagonista della Lazio allergico alla luce dei riflettori
Dai campetti in terra di Gallarate, al rettangolo verde della Champions League: la carriera di Marco Parolo, il leader timido e silenzioso della Lazio
Espressione da bravo ragazzo, ma la grinta di un gladiatore. Il sorriso di Marco Parolo irradia ormai da tre stagioni il quartier generale di Formello, ne ha fatta di gavetta per arrivarci e prendersi il ruolo di leader. Eh sì, perché adesso è proprio difficile riuscire ad immaginare una Lazio priva dell’esperto centrocampista. Uomo composto, sempre lucido nel giudizio: anche a mente calda. L’antipersonaggio per eccellenza. Di sè ha detto: «Sono nemico dei social network e persona molto riservata, ma anche quelli come noi servono al gruppo». Si può negarlo? Un tocco di gel ai capelli e cosa importa se gli scarpini non sono abbinati ai calzettoni, quel che conta è avere tanti muscoli nelle gambe e altrettanto ossigeno nei polmoni. Insomma, tutta sostanza e zero apparenza. Quella stessa sostanza, mista a fiera umiltà, che lo ha accompagnato dai campetti in terra battuta di via Montello a Gallarate fino al rettangolo verde della BayArena di Leverkusen. E Marco il timido merita di esserci arrivato, perché il posto da titolare in Champions League non glielo ha regalato nessuno. Perché la sua carriera è fatta di sacrificio e duro lavoro. Perché con la propria determinazione ha superato momenti difficili, come quello passato alla Pistoiese, quando faceva panchina in Lega Pro e avrebbe potuto scegliere la facile via del ritiro. Ma quel sogno, iniziato per gioco, da un pallone che rotolava fra le verdi campagne a pochi passi da casa, andava realizzato a tutti i costi: “Gerardino” non ha gettato la spugna, anzi. E’ salito a galla lentamente, passando per Cesena e Parma, conquistando la Lazio e la Nazionale Italiana, di cui ora è il motorino imprescindibile. L’attore protagonista che fa quasi finta di non esserlo, anche quando i riflettori sono tutti puntati su di lui. Come ad esempio a Pescara, quando entrava a far parte del “circolo dei pokeristi”: «Sono contento, ma avrei preferito segnare un gol contro il Chievo». Stava alla pari di un certo Baggio, o di un “sì, forse l’ho sentito nominare” Van Basten, e lui a cosa pensava? Invece di godersi il momento, rimpiangeva la singola rete sfiorata la settimana precedente, probabilmente più importante a livello di squadra, che avrebbe portato alla vittoria la sua Lazio, uscita poi dal campo, sconfitta. Un altruista scellerato penserebbe qualcuno, eppure, se così non fosse stato, non avrebbe mai potuto guadagnarsi la fama e l’affetto di cui oggi gode. Sugli spalti, ma soprattutto fuori, nella sua splendida casa, dove al termine di ogni partita, vinta o persa che sia, la moglie Caterina e il figlioletto Dante sono pronti a fargli festa.
Rocco Fabio Musolino – Lazio News 24