Patric al Corriere dello Sport: «Io FIGLIO e BANDIERA dei laziali!»
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Patric al Corriere dello Sport: «Io FIGLIO e BANDIERA dei laziali! Sugli obiettivi e Baroni dico…»

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Patric, difensore della Lazio, ha rilasciato una lunga intervista in vista della nuova stagione dei biancocelesti

Intervistato dal Corriere dello Sport, Patric, difensore della Lazio, ha dichiarato:

RITIRO – «Sono figlio dei laziali. Dietro una carriera c’è sempre lo specchio della vita e della personalità fuori dal campo. E io non mollo mai. Ritiro? In modo intenso, forse uno dei più duri. Faticoso sul momento, ma è benzina per le gambe».

BARONI – «Le sensazioni sono molto buone, mi piacciono gli allenamenti e il suo atteggiamento. Ci darà soddisfazioni. E appena arrivato, devo ancora conoscerlo bene».

MANCANZA DI ONESTA’ NEL GRUPPO – «Non mi riferivo a Luis Alberto e Immobile, per loro ho solo riconoscenza. Due professionisti, due persone che il mondo Lazio deve ringraziare. Quando ci siamo giocati il ‘pane’, sono stati sempre i primi a prendersi le responsabilità. La cosa pesa. Vanno ringraziati e basta, poi tutto ha un inizio e una fine. Meglio lasciarsi prima che dopo… So quanto potessero essere motivati o meno, è arrivato il momento di lasciare e l’hanno fatto».

SCORSA STAGIONE – «Abbiamo sbagliato 5-6 partite con le piccole e perso punti fondamentali. Sappiamo quanto chiede la piazza, ma se andiamo in profondità l’annata non è stata così disastrosa. Siamo usciti in Coppa Italia per un gol della Juve all’ultimo minuto, abbiamo battuto il Bayern in Champions. In campionato, giustamente, le aspettative erano maggiori. Sono in A le gare di cui dobbiamo rimproverarci».

LEADER – «Dietro ogni carriera c’è lo specchio della vita e della personalità fuori dal campo. Sono orgoglioso, mi sono allenato più forte. C’è stato un momento in cui dovevo solo stare zitto e pedalare. Non ero maturo come persona, si vedeva in partita. La frenesia e la voglia mi portavano a sbagliare. Sono fiero che i tifosi ora credano in me, ho raggiunto un equilibrio nelle prestazioni. Non sono a mio agio a parlare di me. I tifosi hanno capito la persona che sono: non mollo mai, do il 100%, è uno stile di vita».

FIGLIO DEI LAZIALI – «Qui sono cresciuto, sono un figlio dei laziali. Loro lo sentono, io lo sento. Soffriamo e lottiamo insieme, sono passionale e spontaneo. Non riesco a controllarmi, non c’è nulla di preparato. Ma lo ammetto: a volte rivedo le mie reazioni in partita e un po’ mi vergogno».

BANDIERE – «Sì, esistono. Qui sto alla grande, ho fatto bene gli ultimi anni, ma non penso a nessun record. Provo a dare il massimo ogni stagione. Se un giorno non sarò più utile, me ne andrò subito».

NUOVI ACQUISTI – «Mi stanno sorprendendo per atteggiamento e umiltà. I “vecchietti” come me ci mettono poco a capire se si ha dentro la voglia di crescere. Si può accettare l’errore in campo, non l’atteggiamento sbagliato. Loro hanno fame e ascoltano i consigli, fa piacere».

OBIETTIVI – «Sono sincero, il cambio è grande. È andato via pure Felipe Anderson, ci dava tanto anche quando non brillava. Pipe, Ciro e Luis, tre nomi importanti. Siamo positivi e ambiziosi, abbiamo fame, stiamo lavorando forte, però serve pazienza. Roma non è una piazza facile, è giusto comunque essere esigenti, non possiamo mica fermarci. Siamo noi grandi a doverci prendere le responsabilità. Ai nuovi serve un po’ di respiro».

DEPRESSIONE – «In molti si sono aperti dopo le mie parole. Ho ricevuto tanti messaggi, ho parlato anche con Perin. Non ho detto nulla nei momenti difficili, in campo riuscivo a nascondere i problemi, sono stato zitto e ho sbagliato. Se si tiene tutto dentro, nel calcio, uno può perdere 2-3 anni di carriera. Chi soffre deve dirlo, il male va buttato fuori».

TECNICI A ROMA – «Con Pioli ho imparato la sofferenza, mi ha chiuso in palestra perché dovevo cambiare fisico. Venivo dal Barcellona B, contava solo la palla. Inzaghi mi ha dato l’opportunità, ha creduto in me quando nessuno lo faceva. Con Sarri una rivincita, sono migliorato in tutti i sensi. Tudor? Troppo poco tempo. Dico temperamento e personalità».

COSA PUO’ IMPARARE L’ITALIA DALLA SPAGNA – «Nulla, ogni nazione ha la sua forza. L’Italia ha vinto 4 mondiali e 2 europei, la storia parla. La credibilità nel calcio d’oggi ce l’ha solo chi vince. La Spagna, avesse trionfato l’Inghilterra, non avrebbe avuto tutta questa credibilità. Di certo il successo è meritato».

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