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Petrachi: «Il ruolo di ds è cambiato e la tecnologia ha inciso molto, ecco perchè»

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Petrachi, l’ex ds di Roma e Torino si esprime riguardo il ruolo di direttore sportivo e si sofferma su Bremer: le sue parole

Intervenuto ai microfoni di Radio serie A Petrachi, il quale rilascia alcune dichiarazioni riguardo il ruolo di direttore sportivo e a tal proposito rilascia queste parole

PAROLE – Nel tempo la figura del direttore sportivo è cambiata. Il DS deve avere il controllo sull’area tecnica, gestire le persone e le risorse che ne fanno parte, fare da collante tra il Presidente o l’AD, la squadra e l’allenatore. La realtà è che oggi di direttori sportivi che si assumono questo tipo di responsabilità ce ne sono pochi. Non voglio assolutamente abbattere la mia categoria, ma a volte ti trovi davanti a delle società, a dei presidenti che amano occuparsi anche del calciomercato, quindi di calciatori, allenatori e in generale dell’ambiente tecnico, ahimè, senza alcun tipo di esperienza e competenza. A mio avviso, stiamo pagando anche questo nella nostra Serie A

DIRETTORE SPORTIVO – Il club deve avere il coraggio di imporre una linea guida. Se io vado al Toro e il presidente Cairo fa dei nomi, devo essere in grado di poter essere aziendalista, ed essere più vicino a quelle che sono le esigenze del club. Se questo fattura 80 milioni, chiaro che non posso spenderne 150. Evidentemente non avrò fatto bene il mio lavoro. È qui che la figura del DS diventa importante: il Frosinone ha Angelozzi che è una figura storica del nostro panorama calcistico dei direttori sportivi, il Lecce Pantaleo Corvino che storicamente rappresenta quel tipo di ruolo. Sono club che si affidano a queste figure che cercano di portare avanti azioni virtuose. Il Lecce per esempio ha un monte ingaggi tra i più bassi del campionato. Le società devono essere consapevoli, perché se poi ti ritrovi a lottare per la salvezza, e può anche scapparti il piede, se alla fine dovessi retrocedere non ti ritroverai con un monte ingaggi spaventoso. Bisogna saper trovare l’equilibrio tra il fatturato e la spesa e, con umiltà mi permetto di dire, la nostra è una Serie A malata. A parte 5-6 club virtuosi, metto ovviamente dentro anche l’Empoli e l’Atalanta, gli altri hanno vagonate di debiti. E un calcio così è tanto difficile da sostenere

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