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Gabriele Pulici: «Papà era innamorato della Lazio, avrebbe voluto la ripresa» – ESCLUSIVA

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Gabriele Pulici ha raccontato ai nostri microfoni in esclusiva il suo rapporto con il padre, storico portiere della Lazio

Felice Pulici è stato uni degli eroi del primo Scudetto vinto dalla Lazio nel 1974. Negli anni a venire è poi rimasto legato ai colori biancocelesti, diventando uno dei simboli della Lazialità: eleganza, compostezza, fierezza, tenacia ed anche forza. Il 16 dicembre 2018 l’ex portiere è venuto a mancare, ma continua a vivere quotidianamente nel ricordo di ogni tifoso laziale ed in quello del figlio Gabriele che ci ha voluto raccontare in esclusiva il loro rapporto.

Tuo padre è stato uno dei pilastri della Lazio, ma per te cosa è stato?

«Io l’ho sempre visto come un papà molto indaffarato e molto innamorato di Lazio. Mi sono accorto, e questo purtroppo succede in tante occasioni della nostra vita, troppo tardi di ciò che avessi vicino. Una volta che è venuto a mancare mi sono reso conto che effettivamente c’era tanta gente che, oltre a volergli bene, lo considerasse come un mito biancoceleste. Noi in famiglia probabilmente avevamo un po’ sottovalutato questo aspetto negli anni precedenti: essendo io un grande tifoso e frequentatore assiduo dell’Olimpico, mi pesava meno e lo consideravo normale ma le mie sorelle e mia madre pensavano che il tempo che concedeva alla Lazio lo togliesse alla famiglia. Sfortunatamente ce ne siamo accorti tardi».

Sia dentro che fuori dal campo Felice ha sempre dimostrato pacatezza e sicurezza. Secondo te come avrebbe vissuto la situazione attuale in Italia?

«Probabilmente l’avrebbe affrontata come lo stiamo cercando di fare noi, essendo qualcosa di nuovo rispetto al passato (non si tratta di una guerra e stiamo combattendo un nemico invisibile) e visto che ancora oggi non sappiamo effettivamente come comportarci. Per come l’ho conosciuto io posso dire che sicuramente avrebbe rispettato i diktat dello Stato, però avremmo avuto difficoltà nel tenerlo buono due mesi a casa (ride ndr). Per il suo modo di essere e di fare, rimanere bloccato fra le mura domestiche per così tanto tempo sarebbe stato complicato».

Credi anche che avrebbe voluto la ripresa del campionato, data la stagione straordinaria della squadra di Inzaghi?

«Assolutamente sì. Tutti noi tifosi biancocelesti probabilmente non avremmo mai voluto che il campionato si fermasse, ma bisogna fare i conti con una situazione particolare: non vanno dimenticate le migliaia di persone decedute nel giro di un paio di mesi. Siamo tutti in fibrillazione aspettando che la Serie A possa riaprire i battenti, il tutto va fatto però nella totale sicurezza in modo tale che non ci possa essere una ricaduta. Lui avrebbe sicuramente sperato nel ritorno in campo, come tutti noi, ma per me c’è ancora da aspettare un po’».

Una delle frasi più celebri di tuo padre è «La Lazio ti entra dentro, ti cattura, è lei che ti sceglie». Per quanto ti riguarda è successo la stessa cosa, ti ha scelto?

«Certamente. Se ci pensiamo, tutti noi cerchiamo di capire quando è scattata la scintilla e c’è sempre un episodio in particolare che ci ha fatto innamorare di questa squadra. Nella mia occasione è successo molto presto: stavo ad Ascoli (nemmeno a dire che risale all’epoca in cui papà vestiva la maglia biancoceleste) ed era fine giugno del 1981. Ascoltavo Tutto il Calcio Minuto per Minuto alla radio ed ho avuto l’idea di prendere l’apparecchio e mettermi sotto al tavolo per sentire tranquillamente il rigore di Chiodi durante Lazio-Vicenza. Il rigore venne sbagliato, la Lazio mancò la promozione in A ma da quel momento iniziai ad appassionarmi alla squadra pur non sapendo che papà ci avesse giocato (all’epoca Gabriele aveva 5 anni ndr). Ancora oggi sono assolutamente convinto che non siamo noi a scegliere di tifare la Lazio, ma in qualche maniera è lei che decide che siamo quelli giusti in base ad una particolare indole, un particolare modo di essere e di comportarci nei confronti degli altri».

Avresti voluto seguire le sue orme tra i pali?

«Inevitabilmente ho iniziato a giocare avendo comunque un ex calciatore in famiglia, anche se non come portiere: ho sempre avuto un po’ di problemi a confrontarmi con la sua figura (non perchè mi ci volessi mettere a paragone), cercando di allontanarmi dal suo mondo. Ho fatto il difensore, passando poi sulle fasce. Lo dico da figlio di uno che ha fatto parte del mondo del calcio: fino ad un certo punto arrivi e vai avanti perché sei ‘figlio di…’, oltre ad essere magari bravo, poi verso i 14/15 anni devi dimostrare il tuo valore in campo ed evidentemente a quell’età non ci sono riuscito».

Tuo padre vinse il primo Scudetto della storia della Lazio da assoluto protagonista. Noti delle somiglianze tra quella rosa e questa attuale?

«Ti dico di sì perchè, un po’ come quella squadra, che è stata disegnata per altri obiettivi e poi si è ritrovata a lottare per il titolo più di un anno, anche questa ad inizio anno non aveva i favori del popolo ma è riuscita a far ricredere tutti con la crescita mentale e tattica. Col tempo i giocatori di Inzaghi hanno acquisito una maggiore capacità di vincere, di lottare, di raggiungere l’obiettivo e di non farsi intimorire dalla prima difficoltà ribaltando le situazioni(vedi le partite con Juventus ed Inter in cui siamo partiti in svantaggio e siamo riusciti a portare a casa i tre punti). Ciò è successo anche alla Banda Maestrelli quando si sono ritrovati a disputare la partita decisiva contro il Verona: al termine del primo tempo stavano sotto 2-1, se la partita fosse finita così la Juventus avrebbe raggiunto la Lazio in classifica, ed invece alla ripresa sono state fatte tre reti, la partita è stata vinta 4-2 e per quello è stato il momento decisivo. Speriamo che i ribaltoni contro bianconeri e nerazzurri siano di buon auspicio per il proseguo della stagione».

Se pensi alla Lazio ed a tuo padre, qual è la prima immagine che ti viene in mente?

«Penso immediatamente a quel Lazio-Foggia del 1974. Il 12 maggio è stato vinto lo Scudetto ed è anche il giorno in cui sono nato, quindi nel momento in cui parlo di Lazio e di mio papà non posso non pensare a quella giornata che dev’essere stata spettacolare ed invidio tutti coloro che hanno avuto la possibilità di poterla vivere. Le immagini con tutti quei colori, le bandiere e la gente sono emozionanti».

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