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Quando la maglia della Lazio diventa leggenda

9 gennaio 1900, sulle sponde di un freddo Tevere, un gruppo di giovani guidati da Luigi Bigiarelli decide di compiere il grande passo e trasformare un sogno in realtà, facendo nascere la Società Podistica Lazio.
Dall’idea di un gruppo di amici non è nata una semplice squadra, ma un simbolo dell’intera regione, un’aquila destinata a dominare i cieli del calcio internazionale. Da Silvio Piola, che con i suoi gol ha scritto pagine indelebili nella storia biancoceleste, a Ciro Immobile, il suo erede a quasi 100 anni di distanza, la storia della Lazio è un intrecciarsi di talento, passione, grandi vittorie e qualche delusione cocente.
L’idea di partenza di questo articolo è rispondere alla domanda “cosa fa di un giocatore una leggenda della Lazio?” La risposta dipende forse dal numero dei gol o delle presenze? O dal peso specifico delle segnature, come quella di Senad Lulić nella finale di Coppa Italia contro la Roma?
Con uno sguardo alla storia e un’attenta analisi dei numeri, basata su un piglio quantitativo e numerico come quello che ispira Smart Betting Guide cercheremo di raccontare la storia del club attraverso i suoi uomini più significativi, scattando fra record e aneddoti per rendere onore a una tradizione che continua a far battere il cuore delle nuove generazioni.
Silvio Piola: l’inizio della leggenda biancoceleste
Silvio Piola è il nome che per primo viene in mente quando si pensa alla grandezza della Lazio. Arrivato nel 1934 dalla Pro Vercelli, segnò 149 gol in 237 partite, di cui 143 in Serie A, rimanendo il miglior marcatore della storia laziale fino al 2021, superato da Ciro Immobile che troveremo nei prossimi paragrafi. Dotato di tecnica e uno spiccato fiuto del gol, fu capocannoniere della Serie A nel 1937 e nel 1943, trascinando la Lazio a livelli mai visti prima.
Il suo trasferimento a Roma non fu privo di tensioni: inizialmente era riluttante, poiché temeva che giocare lontano dal Nord potesse mettere in pericolo la sua carriera in Nazionale. A suon di gol, i dubbi si dissolsero: con la Lazio divenne una stella indiscussa, tanto da essere convocato per il Mondiale 1938, durante il quale diede il suo contributo al trionfo dell’Italia con una doppietta in finale.
Per molti storiografi del calcio, Piola non era solo un bomber, ma un vero e proprio innovatore: perfezionò il colpo di tacco, lasciando il suo segno su questa tecnica che affascinò intere generazioni. Il suo debutto con la Lazio, il 30 settembre 1934 contro il Livorno, con un gol immediato, fu solo l’inizio di una storia straordinaria. Ancora oggi, il suo nome è sinonimo di mito biancoceleste.
Lo Scudetto del ’74 e la “Banda Maestrelli”: caos e cuore per diventare campioni
Saltiamo a piè pari la guerra, atterrando nella stagione 1973-74, per raccontare un anno scolpito nel cuore dei tifosi laziali che oramai hanno qualche capello brizzolato. Questo, fu un capitolo davvero leggendario scritto d’impulso da una squadra fuori dagli schemi.
La Lazio di Tommaso Maestrelli non era solo una semplice squadra: era un gruppo di matti geniali, un’armata di talenti ribelli capaci di imbrigliare il caos e spronarlo verso il trionfo. Al centro di tutto, con il petto gonfio e lo sguardo fiero, c’era Giorgio Chinaglia. “Long John”, il centravanti col vizio del gol e della polemica, chiuse quella stagione con 24 gol, scrivendo un’eterna dichiarazione d’amore ai colori biancocelesti.
Maestrelli, il “Maestro”, fu il regista di quel miracolo. Psicologo prima che allenatore, seppe gestire una banda di personaggi unici: Luciano Re Cecconi, il biondo dal sorriso indimenticabile, e Pino Wilson, il capitano di ferro. Lo spogliatoio era un mix fragile ed esplosivo, ma la Lazio riuscì a spiccare il volo. 38 punti in 30 giornate, davanti a Juventus e Napoli: un’impresa che sembrava impossibile, e che invece divenne realtà.
Quella Lazio non era solo una squadra vincente: lottava, segnava, “faceva a botte” e gioiva. Re Cecconi finì tragicamente al centro di un drammatico evento: una finta rapina in gioielleria che gli costò la vita nel 1977. Ma il suo nome, come quello di tutti i protagonisti di quell’anno magico, è inciso nella storia.
E poi c’era Chinaglia. Dopo lo scudetto, volò negli Stati Uniti, diventando il re dei New York Cosmos accanto a Pelé, ma il suo cuore rimase sempre a Roma, colorato da indelebili tinte biancocelesti. Il ’74 non fu solo un titolo, fu la nascita di un mito. Un mito che ancora oggi ispira i cori della Curva Nord.
Gli anni d’oro di Cragnotti e della Lazio di Sven-Göran Eriksson (1997-2001): trionfi, campioni e un’impresa storica
Dal 1997 al 2001, la Lazio di Sven-Göran Eriksson ha scritto il suo nome della storia del calcio italiano ed europeo. L’allenatore svedese ha trasformato una squadra ambiziosa in una macchina da trofei, conquistando cinque titoli, tra cui lo Scudetto 1999-2000 e la Coppa delle Coppe UEFA 1999 (ultima edizione di questa competizione).
La stagione 1999-2000 ebbe un finale al cardiopalma: il 14 maggio 2000, la Lazio vinse 2-1 contro la Reggina allo Stadio Olimpico, ma dovette attendere qualche ora prima di poter festeggiare la vittoria dello scudetto.
Al di là degli Appennini, infatti, la Juventus, che guidava la classifica fino a quel giorno, perse 1-0 sotto la pioggia torrenziale di Perugia. Il destino volle che il trionfo biancoceleste arrivasse in modo unico, facendo di quella giornata una delle più famose della storia della Serie A.
Tra i protagonisti di quel ciclo vincente spiccano Pavel Nedvěd e Alessandro Nesta. Il centrocampista ceco, con i suoi 54 gol in 208 presenze, divenne il cuore pulsante della Lazio, mostrando la sua completezza: tecnica, grinta e una capacità realizzativa notevolissima per un centrocampista. La sua rete al volo di destro nella finale di Coppa delle Coppe 1999 contro il Real Mallorca consegnò alla Lazio il suo primo grande trofeo internazionale. Nella metacampo difensiva, invece, Alessandro Nesta, il capitano e perno del reparto arretrato, fu il simbolo della lazialità in Italia e all’estero, guidando con maestria la retroguardia per 261 partite in maglia biancoceleste.
Oltre allo Scudetto e alla Coppa delle Coppe, Eriksson aggiunse alla bacheca due Coppe Italia (1998 e 2000) e una Supercoppa Italiana (1998), portando per la prima volta la Lazio a competere su più fronti. Verón, Simeone, Salas, Mancini, Boksic… questi sono solo alcuni dei nomi di quello squadrone, per molti irripetibile.
🏆 Trofei vinti dalla Lazio sotto la guida di Eriksson (1997-2001)
Trofeo | Anno | Note |
Scudetto | 1999-2000 | Vinto all’ultima giornata |
Coppa delle Coppe UEFA | 1998-1999 | Ultima edizione, battuto il Real Mallorca |
Coppa Italia | 1997-1998 | Primo trofeo dell’era Eriksson |
Coppa Italia | 1999-2000 | Doppietta nazionale (Scudetto + Coppa) |
Supercoppa Italiana | 1998 | Vittoria contro la Juventus |
L’epoca moderna e le nuove leggende della Lazio: Immobile, Radu e Lulić
Negli ultimi anni, tre nomi sono emersi, entrando nella storia della Lazio: Ciro Immobile, Stefan Radu e Senad Lulić. Ognuno, a suo modo, ha segnato un’epoca, lasciando un legato indelebile tra i tifosi biancocelesti.
Arrivato nel 2016, Ciro Immobile ha cambiato la storia del club, diventando il miglior marcatore di sempre con 207 gol, superando un’icona come Silvio Piola. Ha vinto la Scarpa d’Oro nel 2020, tre titoli di capocannoniere della Serie A (2018, 2020, 2022) e ha guidato l’attacco laziale con una regolarità impressionante. Oltre ai gol, ha contribuito ad arricchire anche la bacheca della squadra, vincendo una Coppa Italia (2019) e due Supercoppe italiane (2017, 2019).
Dall’altro lato del campo, Stefan Radu è stato il pilastro difensivo della Lazio per 15 stagioni, stabilendo il record assoluto di presenze con 427 partite dal 2008 al 2023. La sua leadership e la sua costanza l’hanno fatto diventare un simbolo dell’appartenenza alla maglia biancoceleste, tanto da servire come capitano tra il 2017 e il 2021. In carriera ha alzato al cielo tre Coppe Italia e tre Supercoppe italiane (oltre ai successi conquistati in Romania).
Infine, Senad Lulić ha scritto una delle pagine più belle della storia laziale, segnando il gol decisivo al 71’ nella finale di Coppa Italia del 2013 contro la Roma. Un momento che ha reso immortale il centrocampista bosniaco, protagonista con 371 presenze e 34 gol dal 2011 al 2021 e beniamino dei tifosi.
Numeri e record: la Lazio in cifre
Chi ama questi colori sa bene che la Lazio non è un club che si è accontentato della mediocrità, puntando sempre a scrivere pagine indelebili nella storia del calcio italiano, a colpi di numeri.
Da questo punto di vista, Ciro Immobile, con 207 gol, è il miglior marcatore della storia biancoceleste, dopo aver superato il primato storico di Silvio Piola. Stefan Radu, con 427 presenze, detiene il record assoluto di partite giocate con la maglia della Lazio, superando Giuseppe Favalli. Tra i portieri, il primato di presenze spetta a Luca Marchegiani, con 339 partite.
Tornando indietro nella storia, la prima rete della Lazio in Serie A risale al 1929 e venne marcata da Aldo Spivach. Fra gli altri momenti simbolici, possiamo parlare del 1000° gol di Enrique Flamini, il 2000° di Thomas Doll o il 3000° di Aleksandar Kolarov.
Aneddoti e curiosità
Dietro ai numeri, però, ci sono storie che caratterizzano in modo unico la nostra amata Lazio. Possiamo parlare, ad esempio, di Paul Gascoigne, talentuoso centrocampista inglese, diventato celebre non solo per la sua tecnica sopraffina, ma anche per le sue disavventure fuori dal campo e per i suoi scherzi epici, spesso alle spese dell’imperturbabile Dino Zoff. L’inglese si fece apprezzare dai tifosi per il suo spirito indomabile, la sua bravura nel dribbling e per la capacità di strappare un sorriso, anche nei momenti più difficili.
Altro capitolo leggendario, troppo spesso dimenticato, è la salvezza del -9 nel 1987, quando la Lazio, penalizzata di nove punti in Serie B, sembrava condannata alla retrocessione. Con un’incredibile rimonta, culminata negli spareggi di Napoli, il club riuscì a salvarsi, concludendo una delle cavalcate più incredibili del calcio italiano.
L’eredità delle leggende e lo sguardo rivolto al futuro
In chiusura di questo tributo alle leggende della Lazio non sono solo cifre e trofei, vale la pena sottolineare che questi uomini e loro gesta non rappresentano solo un patrimonio di cultura, emozioni, sacrifici e trionfi, ma l’emblema di uno spirito che ha forgiato l’identità del club. Da Silvio Piola a Ciro Immobile, da Giorgio Chinaglia a Pavel Nedvěd, ogni generazione ha avuto i suoi eroi. I numeri raccontano la loro grandezza, ma sono le storie dietro a quei gol, a quelle partite, a quelle vittorie che li hanno fatti diventare immortali nel cuore dei tifosi.
