Hanno Detto
Rozzi si racconta: «L’esordio con la Lazio, il Real Madrid e il percorso di fede. Vi parlo della mia storia»
Antonio Rozzi, ex talento della Lazio Primavera, ha parlato così della sua storia tra Real Madrid, fede e molto altro
Intervistato da La Gazzetta dello Sport, l’ex talento della Lazio Primavera Antonio Rozzi ha raccontato la sua storia tra fede, Real Madrid e molto altro. Di seguito le sue parole:
PAROLE – «Dieci anni fa ho iniziato un percorso di fede che non ho mai mollato. Nel 2021 ho scelto di fermarmi dopo varie batoste e sono andato a Mostar, in Bosnia. In questo periodo ho fatto volontariato, ho aiutato ragazzi tossicodipendenti e avuto a che fare con i reduci di guerra. Ho visto un mondo diverso, più vero. Avevo bisogno di ritrovarmi. Ma dopo una messa ho scelto di tornare. Mostar è una città di silenzi e cicatrici. Il ponte è stato ricostruito, ma per strada si trovano ancora i resti dei combattimenti. Mi ritrovai in mezzo ai giocatori di una delle due squadre della città, dove avevo fatto un provino. Fisicamente, però, non c’ero. ’Prima di giocare andiamo in chiesa’, mi dissero. Lì capii che dovevo tornare.
Il mio obiettivo è rimettermi in piedi e tornare a giocare almeno in Serie C. Fin qui ho segnato un gol in 12 partite con la Luiss, una squadra con un progetto serio e voglia di far bene. Uno dei miei compagni è Modibo Diakitè, conosciuto alla Lazio.
Lazio? Ho ricominciato da poco a vederla. Per un po’ mi ha fatto male. Non ho mai avuto nulla contro nessuno, ma i pensieri corrono. Debuttai a 17 anni e 8 mesi, si può dire che a quei tempi ero come Camarda oggi. Scaloni suggerì a Reja di far entrare ‘il bambino’, così sostituii Rocchi contro il Milan di Nesta, Thiago Silva e Ibrahimovic. Battemmo i rossoneri dopo non so quanti anni. In panchina c’era anche Diakitè, che ogni tanto mi ricorda che Reja stava per far entrare lui. I tifosi fischiarono Candreva e applaudirono me. Il giorno prima ero a scuola, ma nel giro di tre ore mi ritrovai catapultato in Serie A. La curva mi regalò lo stesso coro che faceva a Di Canio: ‘Butta giù la porta’. Quando tornai a casa piansi: avevo realizzato il sogno di una vita. Giocai altre sette partite in una stagione e mezza e firmai anche un contratto di tre anni: nel 2013 vinsi il campionato Primavera e scelsi la numero 9. Sarei dovuto essere la quarta punta dietro Klose, Kozak e Floccari, ma bussò il Real.
Avevo 19 anni, la Lazio era la mia vita, ma immaginate un ragazzo di Torraccia, con una famiglia semplice, vedere l’offerta della squadra più forte del mondo. E con un progetto serio. Prestito con diritto di riscatto tra i 15 e i 19 milioni. Sarei stato la punta della squadra B, dove l’anno prima era esploso Morata. Decisi in un giorno. All’inizio ero titolare, ma a causa del cambio in panchina e di un infortunio uscii dai radar. A gennaio ebbi offerte dall’Italia, ma rimasi. Il nuovo allenatore mi convocò solo all’ultima giornata: avevo lavorato come un matto. Cosa ricordo? Con Ronaldo parlavamo di vita e pallone. Ci incontravamo in sauna o nel bagno turco. E c’erano tutti: Marcelo, Ronaldo, Bale, Xabi Alonso e Sergio Ramos, che una volta mi parlò della sua famiglia per un’ora.
Avevo bisogno di continuità e non l’ho mai avuta. E poi sono stato sfortunato: Entella, Bari, Lanciano, Siena, Lupa Roma, dovunque andassi c’era qualche problema. La gioia più grande? Il gol all’Irlanda del Nord in Under 21, novembre 2013. Avevo 19 anni, ero il più giovane. Accanto a me c’era Belotti. Il ‘Gallo’ lavorava, lavorava, lavorava… un faticatore incredibile. Si è meritato tutto ciò che ha avuto. Nel 2018 tornai addirittura a giocare in Primavera con la Lazio. Non trovavo squadra. Dopo quell’annata con il Real ho passato la carriera a rincorrere, ma la fede mi ha aiutato. Per un periodo non ho guardato nulla. Mi vedevo come il numero 9 della Lazio, non lo nascondo. Era il mio sogno. Di sicuro è stata anche colpa mia, ma è anche vero che sono stato sfortunato. Oggi, comunque, non ho rimpianti.
La maglia più bella che conservo? Quella di Romagnoli. La scambiai alla fine di un derby in prima squadra dove eravamo rimasti in panchina. Tutti sapevano fosse della Lazio, ma a quei tempi non poteva dirlo. Sono felice sia tornato».