2013

Santarini: “Con Chinaglia duelli molto duri, ma era mio amico”

Pubblicato

su

Sergio Santarini, uno dei simboli del club giallorosso, del quale è stato capitano negli anni ’70, nel suo ruolo di difensore centrale, si è incontrato e battuto più volte con Giorgio Chinaglia durante i derby. Ma tra i due c’era una profonda amicizia, nata, come riportato dal Il Tempo, in gioventù: “È vero, con Giorgio ci eravamo conosciuti nella nazionale di C, nella quale ci ritrovammo insieme quando eravamo ancora giovanissimi. Forse avevamo diciannove anni e quell’esperienza comune ci unì moltissimo, anche perché io sono un uomo mite di natura e lui era un compagno di squadra bravissimo, che fuori dal campo dimostrava di avere un’umanità rara. Per questo nei tanti derby in cui ci siamo affrontati non abbiamo mai discusso. E poi io ero l’unico romanista che viveva dove abitavano i grandi protagonisti di quella Lazio, tra Vigna Clara e la Camilluccia. Dunque li incontravo spesso fuori dal campo. Anzi, alla fine forse frequentavo più loro dei miei compagni, che risiedevano in altre zone, ben più lontane. Perciò non mi vedevano certo come un nemico, anche se la rivalità sportiva c’era eccome, ovvio. Il dito di Chinaglia verso la sud? Non mi accorsi di quel brutto gesto, che esulava dalla mia mentalità. Forse se me ne fossi accorto gli avrei fatto notare che sarebbe stato meglio non farlo. Ma va detto che lui sul campo si trasformava e la carica agonistica prendeva spesso il sopravvento. Però vi assicuro che se anche gli avessi detto qualcosa lui non se la sarebbe mai presa, perché avevamo un buon rapporto. Quando giochi insieme da ragazzino in nazionale, come capitò a noi, ogni volta che ti rivedi pensi: ecco il mio amico. Le esperienze giovanili comuni uniscono per sempre”. L’ex giocatore della Roma ha parlato poi delle qualità calcistiche di Long John: “Uno dei più difficili da incontrare che c’erano a quei tempi, perciò ero sempre pronto ad andare a coprire il mio stopper, Batistoni, nel caso in cui Chinaglia lo saltasse. Nel calcio della marcatura a uomo, infatti, era lui a doversi occupare per primo del centravanti avversario. Dunque cercavamo di rimanere il più concentrati possibile per cercare di arginarlo. Però io nei suoi confronti partivo avvantaggiato, perché lo avevo già affrontato da giovane, in serie C, quando lui giocava nella Massese e io nel Rimini. Ricordo che a quei tempi, parliamo del ’66 e del ’67, già si parlava molto bene di questo Chinaglia, anche se quando ci giocavo contro finivo spesso per togliergli la palla, forse perché allora ero più forte fisicamente e più esperto di lui. Dopo, però, quando arrivò alla Lazio lo trovai molto trasformato nel fisico e ben più smaliziato e allora i duelli erano davvero molto duri. Era un giocatore fatto, con una muscolatura eccezionale e mi risultava complicato levargli il pallone come facevo anni prima in serie C. Ormai, poi, era un vero leader, che voleva sempre vincere. Ma questo gli capitava anche quando lo avevo conosciuto da ragazzo”. Non è potuto mancare un commento sul ritorno della salma di Chinaglia nella sua patria e la sua collocazione accanto a Maestrelli: “È giusto così, perché Maestrelli per Giorgio è stato un padre putativo, che lo ha aiutato molto a crescere e a diventare il campione che è stato. Anzi, credo che se non si fosse ammalato, lui non sarebbe mai andato a giocare in America, anche perché partì che era ancora molto giovane e aveva ancora tanto da dare al nostro calcio”.

Exit mobile version