Signori: "Che ricordi in biancoceleste! Con la curva legame stupendo" - Lazio News 24
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2014

Signori: “Che ricordi in biancoceleste! Con la curva legame stupendo”

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Giuseppe Signori torna a parlare. Arrestato nel giugno del 2011 nell’ambito dell’inchiesta legata al calcioscommesse, l’ex attaccante biancoceleste si concede ai microfoni del Guerin Sportivo, in un’intervista interessante e ricca di particolari. Ecco le sue parole:

Sui rigori: Iniziai a batterli così alla Lazio. Le regole obbligavano il portiere a stare immobile sulla linea. Avevo elaborato una convinzione, presa dal gioco delle freccette. Lì, se vuoi essere preciso, non dei prendere rincorsa. Così feci io dal dischetto. Dalla mia avevo un sinistro potente e preciso, senza rincorsa non davo nessun vantaggio al mio avversario”.

Sull’arrivo alla Lazio: Mi avevano visto in campionato. Cragnotti sapeva chi fossi, Zoff lo stesso, anche se l’artefice del mio acquisto fu il ds Regalia. Al Foggia andarono 11 miliardi di lire. Io mi trovai a gestire l’eredità di Ruben Sosa. Idolo della curva, in tre anni aveva segnato 40 reti”.

Sul rapporto con la curva: Un legame stupendo. Ma tutto il periodo alla Lazio è stato fantastico. La fascia di capitano è stata la consacrazione di un rapporto con la squadra, con la società, con un ambiente magico. Ero il primo ad arrivare al campo, l’ultimo ad andare via. Il lavoro paga, sempre. Allenamento, sacrificio”.

Su Gascoigne: Un clown, un bambino capace di tutto. Una volta si presentò tutto nudo nella hall dell’albergo del ritiro, lo rifece sul pullman in una trasferta. In una galleria si spogliò completamente e si mise a sedere accanto a Zoff. A fine allenamento andavi verso la tua auto e dovevi stare attento alla maniglia della portiera. Se era bagnata, e non era acqua, era passato lui”.

Sul passaggio saltato al Parma nel 1995: Eravamo in Brasile in tournèe. Dall’Italia arrivavano le notizie del mio trasferimento e della contestazione dei tifosi che fecero saltare l’affare. Cragnotti me lo ricorda ancora: 25 miliardi non sono pochi. Rimasi impressionato da tutto quel che successe. Per me fu una cosa incredibile, non avrei immaginato tutto quel fracasso. Ancora oggi i tifosi mi dicono: ‘Beppe, io c’ero. Du’ pomodori li ho tirati pure io!’. Lì ho capito di essere entrato nella storia della Lazio”.

Sulla cessione: Era arrivato Eriksson e non mi vedeva. Sul piano umano fu una mazzata. Sono il capitano, ho segnato più di cento reti, nel 1996 ho vinto per la terza volta la classifica dei cannonieri. Non volevo il posto assicurato, ma delle spiegazioni sì”.

Sull’arresto per il calcioscommesse: Ero a Roma, mi chiamano al telefono e mi dicono di andare alla Stazione Termini dove ci saranno due finanzieri in borghese per accompagnarmi a BolognaSaliamo sul Frecciarossa e mentre siamo in viaggio mi telefona mia sorella. Piange. ‘Beppe, dove sei?’. ‘Sul treno per Bologna’. ‘Non è vero, la televisione ha detto che sei in carcere’. La notizia la sapevano tutti, tranne il diretto interessato. E a Bologna stavano perquisendo la mia casa. Non ho mai ‘calcioscommesso’. Non ho mai ‘fatto’ una partita, nè truccato, nè corrotto nessuno. Certe cose le possono fare solo quelli che sono dentro le squadre, Io avevo solo il tesserino Figc, non ero tesserato. Adesso sto meglio, rispetto a tre anni fa. Ho il mio ristorante a Bologna, ‘Al Campione’, che mi tiene occupato. Ho la mia compagna che mi è sempre stata vicino, i miei figli che hanno sofferto molto, soprattutto per le notizie false dei primi giorni, Bologna mi è vicina. Gli amici? Sono rimasti in pochi”.

Andrea Coppini

 

 

 

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